Uccisa Susana Beatriz Montoya, vedova di un desaparecido: il messaggio lasciato degli assassini

La vedova è stata trovata senza vita nella sua casa, con un messaggio inquietante lasciato dagli assassini. La sua morte ha scatenato molta preoccupazione nelle organizzazioni per i diritti umani che lottano per i morti e i desaparecidos del regime dittatoriale argentino.

È stata uccisa nella sua casa di Córdoba lo scorso 3 agosto, un messaggio piuttosto inquietante scritto, presumibilmente dagli assassini, lasciato sulle pareti dell’abitazione: “Li uccideremo tutti. Adesso andiamo a prendere tuo figlio #polizia”.

Susana Beatriz Montoya, 76enne vedova di Ricardo Fermín Albareda, uno dei tanti desaparecidos del regime di Jorge Rafael Videla, e madre di Fernando Albareda, membro del gruppo di attivisti Hijos (Hijos por la identidad y la justicia contra el olvido y el silencio), che riunisce i parenti delle persone scomparse durante la dittatura che dal 1976 al 1981 devastò l’Argentina, è stata ritrovata senza vita con tagli e colpi alla testa. Sul muro il messaggio che minaccia il figlio e chi, da anni, lavora affinché la memoria dei desaparecidos non scompaia.

Non è la prima volta, del resto, che gli attivisti vengono minacciati, e i rischi per loro sembrano essere aumentati dopo la vittoria alle presidenziali di Javier Milei, apertamente negazionista e ostile alle politiche di riparazione, costantemente definanziate. Per questo l’omicidio di Montoya ha destato preoccupazione nelle organizzazioni per i diritti umani, che da anni continuano a chiedere giustizia per i crimini commessi durante la dittatura instaurata dopo il golpe del marzo ’76, compresi i feroci voli della morte che  costarono la vita a oltre 30000 dissidenti (più di 20000 morti e 10000 desaparecidos).

Alcune di loro – fra cui quella delle Abuelas de Plaza de Mayo – hanno rilasciato una nota congiunta esprimendo la propria preoccupazione per la morte di Susana Beatriz Montya: “I discorsi di odio, che continuano a diffondersi nella nostra società, rappresentano un pericolo latente fino a quando agiscono davvero”, si legge nel comunicato, in cui si punta il dito anche contro alcuni deputati de La Libertad Avanza, partito di Milei, che lo scorso luglio hanno visitato in carcere a Ezeiza Alfredo Astiz, conosciuto come “Angelo della morte”, ex ufficiale navale che sta scontando l’ergastolo, responsabile  della morte di tre madri di Plaza de Mayo e delle suore Alice Domon e Léonie Duquet. “Siamo allarmati e preoccupati per il gesto di alcuni deputati de La Libertad Avanza che sono andati a visitare persone condannate per crimini contro l’umanità, mentre il governo svuota le politiche costruite in 40 anni di democrazia. Alfredo Astiz, Carlos Suárez Mason, Raúl Guglielminetti, Antonio Pernías e Adolfo Donda sono stati processati per il sequestro dei nostri nipoti. Non hanno mai mostrato rimorso per i loro crimini né hanno fornito alcuna informazione su dove si trovano i nostri figli e le nostre figlie, né su dove si trovano i circa 300 nipoti che stiamo cercando”.

Ricardo Fermín Albareda, marito di Susana Beatriz Montoya, era vice commissario della polizia di Córdoba e membro dell’Esercito Rivoluzionario del Popolo (ERP), un’organizzazione armata che si opponeva al regime. Venne rapito, a 37 anni, nel settembre 1979, tenuto prigioniero nel centro di detenzione clandestino Casa Hidráulica e torturato; di lui, da allora, si sono perse le tracce, ma secondo alcune testimonianze sarebbe morto dissanguato dopo essere stato castrato. Per la sua morte, sono stati condannati all’ergastolo, nel 2009, il soldato Luciano Benjamín Menéndez e tre agenti della polizia della provincia di Córdoba.

Fernando Albareda come detto fa invece parte di Hijos e, stando a quanto dichiarato alla tv ElDoce, nelle ultime settimane sua madre aveva ricevuto chiamate intimidatorie; per lui l’omicidio potrebbe essere legato a un risarcimento che Montoya avrebbe dovuto ricevere dallo Stato per la scomparsa del marito. Ma anche Fernando Albareda ha già subito minacce, lo scorso anno, quando ha ritrovato dei proiettili calibro 22 e scritte come “Morirari” o “Farai la fine di tuo padre”, accompagnate da svastiche.

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