Il femminicidio di Vera Pekhteleva, nel 2020, aveva agghiacciato la Russia. L’assassino, Vladislav Kanyus, aveva passato ore a torturare la donna e le grida di lei avevano portato i vicini della casa accanto a chiamare più volte la polizia, che non si è mai presentata.

La scorsa estate, un tribunale in Siberia ha condannato Kanyus a 17 anni di carcere per il femminicidio. Al processo è stato rilevato che le ferite sul corpo di Pekhteleva erano 111. La famiglia della donna, sebbene delusa che l’assassino non fosse stato accusato di stupro e sequestro di persona, si era detta soddisfatta che almeno l’uomo fosse condannato al carcere.

Solo 9 mesi dopo, però, nel maggio 2023, la madre di Pekhteleva ha ricevuto due fotografie da un account anonimo su WhatsApp, ritraenti un uomo in divisa militare, con un messaggio: “Kanyus è libero e combatte in Ucraina”, come ha riportato il Guardian.

Kanyus è uno delle migliaia di omicidi e stupratori liberati dalle carceri russe per combattere in Ucraina. La maggioranza dei detenuti è entrata nel gruppo di mercenari Wagner, l’esercito privato guidato da Evgeny Prigozhin. L’accordo per i detenuti è semplice: in cambio di 6 mesi di servizio, nel caso in cui sopravvivano, gli verrà abbonato il resto della pena.

Le vittime e le loro famiglie vivono nella paura di veder tornare liberi i loro carnefici ben prima del previsto, e le conseguenze dello stratagemma di Putin e Prigozhin avranno un forte impatto sociale in Russia.

Il caso di Kanyus, infatti, non è isolato. Anche Vyacheslav Samoilov ha commesso un femminicidio, uccidendo la 33enne Olga Shlyamina nel marzo 2021 per poi smembrare il suo corpo. Condannato a 9 anni e 7 mesi nell’aprile 2022, ora è libero dopo aver combattuto per 3 mesi in Ucraina, come riporta 29.ru, un sito d’informazione della regione russa di Arkhangelsk.

Vadim Tekhov ha ucciso la 22enne Regina Gagieva nella città di Vladikavkaz nel 2019, e sarebbe dovuto rimanere in prigione fino al 2035, ma ha ricevuto la grazia dopo aver combattuto in Ucraina. L’uomo, ora, è tornato a Vladikavkaz, come ha confermato il capo della regione dell’Ossezia del Nord, Sergei Menyailo, in una conferenza stampa all’inizio di quest’anno.

Abbiamo ricevuto così tanti messaggi da persone spaventate. Sanno che se gli uomini che le hanno tormentate tornano da questa guerra inizieranno a picchiarle di nuovo o addirittura a ucciderle”, ha spiegato al Guardian Alena Popova, attivista russa per i diritti delle donne. “La polizia non farà nulla, perché ora questi uomini sono visti come eroi invece che stupratori o assassini”.

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