È importante rispondere con compassione e amore all’ignoranza […] Si tratta di una storia che deve essere raccontata nel 2018. Essere l’unica donna regista non mi rende felice, mi piacerebbe avere altre sorelle registe qui. Il compito del cinema è riflettere il mondo, e certo il rapporto uomini/donne qui è squilibrato. Il tema è molto importante. Il mio film parla di rispetto delle donne che non sono il solo gruppo sociale sottorappresentato. È una strada lunga.
Poi Sharif Meghdoud – questo il nome del giornalista che ha urlato l’insulto – ha fatto un passo indietro:
Sono stato io l’uomo che ieri sera, alla proiezione stampa, ha gridato un insulto deplorevole alla regista una volta apparso il suo nome. Per evitare alla base qualunque tipo di speculazione su cosa abbia detto lo ripeto qua “Vergognati put***a fai schifo”. Un rigurgito uscito da una bocca che non pensava né a quello che diceva né alle relative conseguenze. Di base non sono contrario ai fischi e insulti alle fine delle proiezioni ai festival ma il mio gesto di ieri sera è da condannare per la sua natura estremamente esplicita e offensiva. Vorrei innanzitutto chiedere scusa a tutte le persone che si sono sentite offese dal mio gesto, alla regista Jennifer Kent alla quale auguro una splendida carriera e alla Biennale di Venezia e ai direttori Paolo Baratta e Alberto Barbera per la brutta figura che ho fatto fare a livello internazionale. Ci tengo a specificare che il mio gesto identifica me e soltanto me come cafone e non l’intero apparato giornalistico italiano che si trova attaccato da tutto il mondo nelle ultime ore. Il gesto di uno non dovrebbe rappresentare una collettività ma un’anomalia che garantisco non si ripeterà più. Ovviamente non penso e non ho mai pensato le cose che ho detto. L’insulto viene fuori da un pensiero irrazionale e iperbolico di un cinismo che potrebbe andar bene (ma in realtà anche no) al bar tra amici ma che è assolutamente fuori luogo all’interno di una Mostra d’Arte. Il gesto non è da pensare come attacco maschilista o misogino, le scelte delle parole sono importanti è vero, soprattutto all’intero del clima attuale, e la parola incriminante poteva essere quella come un’altra.
Il giornalista intanto è stato espulso dal Festival: l’accredito da parte della Biennale è stato ritirato.
Un brutto episodio di sessismo: difficile, oseremmo dire impossibile, pensare che quel “puttana” non nasca da un retaggio maschilista e misogino. E se da una parte è da apprezzare la presa di responsabilità del giornalista, dall’altra è impossibile non domandarsi se queste scuse possano bastare. Perché se le parole contano sempre, contano a maggior ragione se a dirle è un giornalista, che dovrebbe conoscerne il valore.
Cosa ne pensi?