"Non ha chiuso la porta, l'ha indotto a osare": 20enne assolto per violenza sessuale

I giudici della Corte di Appello di Torino hanno ribaltato la decisione che era stata presa in primo grado, che condannava il ventenne a due anni, due mesi e venti giorni di carcere per stupro. Ora si andrà in Cassazione.

È stata la ragazza a “indurlo a osare“, questa è la motivazione che ha indotto i giudici della Corte di Appello di Torino ad assolvere un ventenne dall’accusa di violenza sessuale nei confronti di una coetanea. In primo grado il giovane era invece stato condannato dal gup, con rito abbreviato, a due anni, due mesi e venti giorni di carcere.

Nella sentenza, come si legge sul Corriere della Sera, si spiega così che “Non si può affatto escludere che al ragazzo, la giovane abbia dato delle speranze, facendosi accompagnare in bagno, facendosi sporgere i fazzoletti, tenendo la porta socchiusa, aperture lette certamente dall’imputato come un invito a osare. Invito che l’uomo non si fece ripetere, ma che poi la ragazza non seppe gestire, poiché un po’ sbronza e assalita dal panico”.

Aggiungono i giudici d’Appello che

Al momento dei fatti la ragazza era alterata per un uso smodato di alcol, è quindi altamente probabile che non fosse pienamente in sé quando richiese di accedere al bagno, provocò l’avvicinamento del giovane che invero la stava attendendo dietro la porta, custodendo la sua borsetta: non solo, ma si trattenne in bagno, senza chiudere la porta, così da fare insorgere nell’uomo l’idea che questa fosse l’occasione propizia che la giovane gli stesse offrendo.

A proposito della cerniera strappata dei pantaloni indossati dalla ragazza, invece, i giudici della quarta sezione penale della Corte d’Appello hanno spiegato:

L’unico dato indicativo del presunto abuso potrebbe essere considerato la cerniera rotta, ma l’uomo non ha negato di aver aperto i pantaloni della giovane, ragione per cui nulla può escludere che sull’esaltazione del momento, la cerniera, di modesta qualità, si sia deteriorata sotto forzatura.

L’episodio risale al 7 maggio 2019 e ha per protagonisti due ragazzi che si conoscevano già da circa cinque anni, e fra cui ci sarebbe stato un bacio, nel passato; la ragazza avrebbe però fatto capire chiaramente all’amico di non voler proseguire in nessun modo il rapporto. La violenza sessuale sarebbe avvenuta nel bagno di un locale pubblico del centro di Torino. L’imputato ha sostenuto di essersi fermato nel momento in cui la ragazza ha detto “basta“, oltre ad averla aiutata nel momento in cui è stata colta da un malore e, come si legge su Il Giornale, sarebbe rimasto con lei fino all’arrivo degli zii della giovane, che avrebbero apprezzato la sua “gentilezza”.

La ragazza stessa, di fronte al giudice di primo grado, disse di aver ripetuto più volte al giovane di fermarsi: “Ho ripetuto più volte a lui: ‘Che cazzo stai facendo? Che cazzo stai facendo? Non voglio'”, le sue parole nella deposizione, motivo che ha spinto il sostituto procuratore Nicoletta Quaglino a ritenere la sentenza di secondo grado “contraddittoria e illogica, rispetto alle risultanze processuali”, impugnando la sentenza in Cassazione.

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