Che dire degli youtuber che adottano un bimbo con autismo e poi vi rinunciano?
Sono normali la delusione e il diritto di indignarsi da parte del pubblico che li segue? Sì. Non lo è, invece, insultarli e offenderli.
Sono normali la delusione e il diritto di indignarsi da parte del pubblico che li segue? Sì. Non lo è, invece, insultarli e offenderli.
Leggendo la notizia della youtuber Myka Stauffer e del marito James che, a distanza di due anni, hanno rinunciato all’adozione del piccolo Huxley, il giudizio si impone in modo affrettato, ma per tentare di avere un quadro preciso della situazione (per quanto si possa parlare di “precisione”, non conoscendo nel dettaglio e intimamente la vicenda) è giusto prima di tutto esporre i fatti, per come sono stati resi noti, così che tutti possano almeno sapere di cosa stiamo parlando.
Myka Stauffer, yotuber con un canale che vanta più di 700 mila iscritti e mamma di quattro figli biologici, nel 2018 decide di adottare dalla Cina il piccolo Huxley, un bambino con autismo; tutto sembra andare bene, Huxkey è anche protagonista di molti video della famiglia e di tanti post Instagram, il pubblico si affeziona a lui e ovviamente elogia il grande gesto di generosità dell’influencer e del marito; tutto fino alla notizia di qualche ora fa: il bambino è tornato in Cina – dove è già stato affidato a una nuova famiglia – per volontà di Myka e James, che hanno motivato la decisione in un nuovo video, pubblicato ovviamente su YouTube.
Non eravamo pronti. Aveva molte esigenze di cui non eravamo a conoscenza. Abbiamo cercato di soddisfare i suoi bisogni e aiutarlo il più possibile. Non c’è stato un minuto in cui non abbiamo cercato di fare il nostro meglio. Gli ultimi due mesi sono stati la cosa più difficile che avremmo mai immaginato. Mi sento un fallimento come mamma.
La notizia ha scosso i follower e in generale il popolo di Internet che si è chiesto se i due non fossero consapevoli fin dall’inizio delle difficoltà che un bimbo con autismo può incontrare e, quindi, del grande impegno che richiede e indignandosi del fatto che un bambino sia stato trattato come una sorta di oggetto da rispedire al mittente.
Solo che a giudizi e critiche, che possono essere assolutamente legittimi e, ovviamente, anche comprensibili, si stanno accompagnando maree di insulti e offese che non possono essere giustificabili né dall’indignazione né dal disappunto.
Ciò che vorremmo fare è provare a offrire un punto di vista diverso, che non necessariamente deve essere unanimemente considerato corretto, ma che speriamo comunque possa fornire lo spunto per una riflessione che sia, appunto, tale, ovvero ragionata, razionale, e non dettata solo da ciò che l’istinto suggerirebbe a molti di pensare – e di dire – commentando la vicenda.
La realtà è che ci sono storie decisamente più complesse e complicate di ciò che sembrano, o anche solo della parte che conosciamo, che spesso è minima. Vero è che parliamo di personaggi pubblici o che, comunque, anche sull’esposizione della propria vita privata hanno fatto una fonte di guadagno, un lavoro, ma siamo sicuri che questo sia davvero sufficiente per farci dire di conoscere proprio tutto di loro?
In altre parole, la realtà di influencer, youtuber e di chiunque altro sia sovraesposto, per sua volontà, e quindi anche consapevole del rischio del giudizio sempre dietro l’angolo, è comunque sempre filtrata, nel senso che restano comunque loro a decidere cosa farci vedere e cosa mantenere per sé. È un concetto, ad esempio, espresso molto bene dalla Pozzolis Family nel corso di questa intervista che abbiamo realizzato con loro.
C’è quindi da supporre che Myka e James abbiano mostrato ciò che hanno voluto della loro vita con Huxley, evitando forse di mostrare quei momenti difficili e dolorosi che, molto probabilmente, ci sono stati.
Ed è esattamente per questo motivo che nessuno di noi può dire di conoscere davvero questa storia in ogni suo dettaglio, di sapere cosa provano o hanno provato Myka e James, o di come fosse fatta la loro quotidianità a 360 gradi. E la spettacolarizzazione della loro vita con il bambino, di cui molti li accusano, alla fine non è più o meno importante rispetto a quella che riguarda gli altri figli, o altri aspetti della loro quotidianità, se la si esamina da questa prospettiva, ovvero pensando che parliamo sempre di una scelta estremamente ponderata e accurata di ciò che si mette “in scena” per lavoro.
Sono normali la delusione e il diritto di indignarsi da parte del pubblico che li segue? Sì. Non lo sono, invece, gli insulti, le minacce e le ingiurie per quella che, a tutti gli effetti, è una scelta che non possiamo comprendere fino in fondo, data appunto la non conoscenza completa della situazione .
La verità è che non abbiamo elementi a sufficienza che ci portino a difendere a spada tratta Myka e James, né i loro (civili) detrattori; l’unica cosa che possiamo, e dovremmo, davvero ricordare è che il nostro giudizio resta limitato a ciò che affiora in superficie. Che è, però, solo la punta di un iceberg che, notorietà o meno, nessuno può davvero vedere del tutto.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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