Zara è finita al centro delle polemiche a causa della sua ultima campagna pubblicitaria: “The Jacket”, questo il suo nome, raffigura infatti una modella mentre posa, insieme ad altri oggetti di scena, tra alcuni manichini avvolti da stoffa bianca. Un immaginario che, secondo molti utenti social, ricorderebbe quello delle vittime dell’attacco israeliano alla striscia di Gaza, le quali, come si può osservare in questi giorni dalle immagini che ci arrivano sui social e in tv, sono spesso avvolte proprio in lenzuoli bianchi.

La società aveva descritto la campagna, svolta in collaborazione con la modella Kristen McMenamy, come “una collezione in edizione limitata che celebra il nostro impegno per l’artigianato e la passione per l’espressione artistica”, come si legge sui loro profili social. Una spiegazione che non è bastata, però, a far digerire quanto rappresentato a migliaia di utenti, che hanno criticato la campagna invocando il boicottaggio del brand.

Dal canto suo Zara, che ha ora rimosso le immagini sia sul sito che sui social network, si è giustificata con un lungo post Instagram, nel quale ha spiegato come la campagna sia stata ideata a luglio e realizzata a settembre, prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 che ha dato il via all’escalation militare:

Dopo aver letto i commenti sull’ultima campagna di Zara Atelier “The Jacket”, vorremmo condividere quanto segue con i nostri clienti. La campagna, ideata a luglio e realizzata a settembre, presenta una serie di sculture incompiute nello studio di uno scultore, ed è stata creata con l’unico scopo di mostrare capi realizzati artigianalmente in un contesto artistico. Purtroppo alcuni clienti si sono sentiti offesi da queste immagini, che ora sono state rimosse, e hanno visto in esse qualcosa di lontano da ciò che era previsto al momento della creazione. Zara si rammarica di questo malinteso e riafferma il suo più profondo rispetto verso tutti.

Ma questa non è la prima volta che Zara finisce nel mirino delle polemiche per la questione israelo-palestinese. Nel 2021, sull’onda delle proteste internazionali seguite agli sfratti di alcune famiglie palestinesi dalle loro case a Sheikh Jarrah, avevano fatto scalpore alcune frasi di Vanessa Perilman, una delle designer del brand.

Forse se la vostra gente fosse istruita, non farebbe saltare in aria gli ospedali e le scuole che Israele ha contribuito a finanziare a Gaza. Gli israeliani non insegnano ai loro bambini ad odiare e lanciare le pietre ai soldati come fa la vostra gente”, aveva infatti scritto la stilista, in privato, al modello palestinese Qaher Harhash, il quale aveva denunciato l’accaduto sui social.

Condanniamo questi commenti, che non riflettono i nostri valori fondamentali di rispetto reciproco – si era poi scusata l’azienda con un comunicato alla CNN –, e ci rammarichiamo dell’offesa che hanno causato. In quanto azienda diversificata e multiculturale, ci impegniamo a garantire un ambiente equo e inclusivo come parte dei nostri valori aziendali”.

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