"Preferirei che la mamma morisse": Alba Parietti e le parole sulla malattia mentale della madre

La conduttrice ha portato a Le Iene uno struggente monologo sulla figura della madre, malata di schizofrenia, compresa e perdonata solo dopo molti anni. Un invito all'ascolto di chi soffre, e a non stigmatizzare le malattie mentali.

È stato un monologo toccante, quello di Alba Parietti nella puntata di martedì 18 maggio de Le Iene; un monologo intimo, delicato, commovente, su un tema che molto spesso è ancora considerato tabù.

Quello della malattia mentale, nella fattispecie di sua madre, Grazia Dipietromaria, scomparsa nel 2010 dopo aver convissuto tutta la vita con la schizofrenia.

“Molti anni fa dissi a mio padre ‘Preferirei che la mamma morisse’ – esordisce Parietti – Non lo pensavo davvero, ma questo può farvi capire quanto fosse doloroso il rapporto con una donna che poteva essere la mamma dei sogni, una fata, e poi una strega che mi spaventava, che mi feriva, pur senza volerlo.

Mia madre è stata un mistero per me quasi tutta la vita – prosegue la conduttrice – L’ho risolto solo pochi anni fa, quando in un cassettone ho ritrovato centinaia di quaderni scritti in segreto, dai 7 anni alla sua morte. Lei parlava della guerra, di mio padre, ma soprattutto della sua malattia mentale, e diceva di sé: ‘Questa è la storia di Graziella, una povera schizofrenica, e di come ho fatto amicizia con lei’.

In quelle parole ho scoperto una donna molto divertente, raffinata, geniale, cresciuta tra la corte dei Savoia e la Resistenza, e ho capito che i suoi comportamenti non erano certo figli della cattiveria o del sadismo, ma di una male che nascondeva a tutti”.

Alba Parietti rivela anche che, per dieci anni, sua madre le ha nascosto l’esistenza di un fratello, suo zio Aldo, anch’egli schizofrenico e rinchiuso nel manicomio di Collegno.

“Questi due grandi dolori mi hanno insegnato che dietro la malattia mentale spesso si celano sensibilità uniche. Menti geniali e straordinarie, con una forza straordinaria che però non deve diventare una condanna alla solitudine. Mia madre, come molto spesso succede, fingeva di star bene per non diventare uno scarto della società. E purtroppo, oggi, lo stigma della malattia mentale rimane immutato. Per questo vi dico mettetevi all’ascolto […] La comprensione non è solo un atto d’amore, ma è un atto di giustizia e di civiltà, perché troppo spesso ci accorgiamo del valore di una persona solo quando è troppo tardi”.

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