Giuseppe Valditara, ministro all’Istruzione e al Merito, ha scelto l’esperto che si occuperà di educazione affettiva nelle scuole: si tratta di Alessandro Amadori, psicologo nonché docente a contratto dell’università Cattolica di Milano. È stato proprio lui a venire incaricato dal ministro di coordinare il lavoro del progetto “Educazione alle relazioni”, il piano per contrastare la violenza di genere sin dalla scuola, partendo proprio dalla sensibilizzazione dei giovani studenti e studentesse.

C’è, però, un grande problema: oltre a non essere un esperto sul tema, Amadori è autore di un “Piccolo saggio sulla cattiveria di genere” intitolato La guerra dei sessi, libro nel quale si sostiene, tra le altre cose, che “Anche le donne sono cattive”. Lo ha denunciato Christian Raimo su Domani, esaminando come mai le posizioni dell’autore siano problematiche.

Ma ecco l’incipit del libro:

L’uomo indubbiamente è capace di cattiveria. Lo è, con molta evidenza, nel suo genere maschile, che sinora ha dominato il mondo (…). Che dire delle donne? Sono anch’esse cattive? La nostra risposta è “sì”, più di quanto pensiamo. (…) Oggi, dunque, possiamo vedere con chiarezza due forme di cattiveria fronteggiarsi specularmente, quella maschile e quella femminile, quella dei maschi contro le femmine e quella delle femmine contro i maschi.

Una sovrapposizione che quindi metterebbe sullo stesso piano la violenza di genere, perpetrata dagli uomini sulle donne, con una presunta cattiveria femminile “dalle caratteristiche per molti aspetti complementari a quella maschile, molto meno nota e studiata, ma per certi versi davvero sorprendente per intensità e capacità distruttiva”.

Un modo di pensare pericoloso, soprattutto in un contesto nel quale, quando si parla di violenza maschile sulle donne, sono ancora in molti a fare victim blaming nei confronti di queste ultime, ritenute almeno in parte responsabili della violenza subita per qualcosa che hanno detto o fatto. In un altro capitolo, l’autore continua:

L’aggressività è parte del genere umano, dell’uomo e anche della donna, non si può considerare il maschile come unica forma di ogni male, ogni genere lo esprime in forma diversa. Oggi c’è una emergenza di quello maschile, ma dobbiamo lavorare sui due generi contemporaneamente, altrimenti non ci sarà soluzione.

Che anche singole donne possano essere capaci di atti violenti nessuno lo mette in dubbio: questo, però, non cancella l’impostazione gerarchica che ritroviamo in una società patriarcale, dove c’è un maschile predominante (troppo spesso totalizzante) in molti aspetti della quotidianità e un femminile che deve muoversi nel mondo rispettando le regole imposte da quest’ultimo, pena la punizione. La violenza maschile nei confronti del sesso opposto e quella femminile non sono pari proprio a causa di questa disparità di potere, figlia di una cultura che permette agli uomini di agire con violenza e a tale violenza di venire normalizzata e accettata. Come viene spesso sottolineato da molte attiviste femministe, infatti, la parola ‘femminicidio’ indica il movente, il modo di pensare che sta dietro all’atto violento, e non quest’ultimo preso come azione isolata.

Nel frattempo, il ministro Valditara si è difeso dalle critiche, sostenendo che a parlare sarà il progetto che è stato presentato: “Il progetto Educare alle relazioni è stato scritto dal dipartimento del Ministero dell’Istruzione e del Merito dopo aver sentito il parere delle associazioni dei genitori, degli studenti, dei docenti, dei sindacati, dell’ordine degli psicologi e di diversi esperti fra cui anche giuristi e pedagogisti – riporta Repubblica -. Il documento è stato letto, condiviso e sottoscritto da me. È questo il documento che domani presenteremo ed è questo documento che va giudicato. Per un confronto proficuo su un tema importante, che riguarda i nostri giovani e tutta la società, sarebbe utile evitare polemiche pretestuose”.

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