Bus precipitato dal cavalcavia a Mestre: cosa si sa finora spiegato per punti

È di 21 morti e 15 feriti il bilancio provvisorio del tragico incidente di ieri sera, quando un autobus con a bordo turisti di varie nazionalità è volato per 15 metri da un cavalcavia a Mestre.

*** Articolo in aggiornamento ***

Sono tante, e frammentarie, le notizie che arrivano da Mestre, dove poco dopo le 20 di ieri sera un autobus è precipitato dal cavalcavia, in quella che il sindaco Luigi Brugnaro ha definito “Un’apocalisse”.

Proviamo a fare chiarezza ripercorrendo i fatti, per come si conoscono finora, e ragionando sulle varie ipotesi sulla dinamica della tragedia, anche alla luce delle testimonianze finora raccolte.

1. I fatti

Sono le 19:50 circa, quando un autobus che da Venezia accompagna i turisti al campeggio Hu Camping Town di Marghera precipita dal cavalcavia chiamato “Della Vempa” di Mestre per un’altezza di circa 15 metri, schiantandosi al suolo, capovolto, prima di prendere fuoco. A bordo circa 40 passeggeri, prevalentemente di nazionalità ucraina, ma anche croati, tedeschi e francesi, oltre all’autista, italiano, il quarantenne Alberto Rizzotto.

Proprio Rizzotto, autista da 7 anni, aveva postato su Facebook l’ultimo messaggio alle 18:30 circa, prima di partire. “Shuttle to Venice”, ovvero “navetta per Venezia”, aveva scritto geolocalizzandosi davanti al camping dove alloggiavano i turisti. Sotto shock i suoi colleghi, che lo definiscono “un conducente esperto”.

Fra il fumo e le urla arrivano i primi soccorsi, più di quaranta ambulanze giungono sotto il tratto di guardrail abbattuto nell’impatto, i vigili del fuoco si impegnano per tagliare le lamiere e provare a estrarre qualche sopravvissuto. L’autobus è finito proprio sui binari, all’ingresso della stazione di Mestre, il traffico ferroviario è bloccato.

Scatta anche il Peimaf, il piano di emergenza per l’afflusso massiccio di feriti, che coinvolge tutte le strutture ospedaliere delle vicinanze, Mestre, Padova, Treviso e Mirano, vengono richiamati in servizio tutti i medici chirurghi, gli anestesisti e gli infermieri.

Sul luogo della tragedia, la più importante che si ricordi sulle strade veneziane, arrivano anche il prefetto Michele Di Bari, il questore Gaetano Bonaccorso, il capo della Procura di Venezia, Bruno Cherchi. L’inchiesta per chiarire le cause dell’incidente è già aperta, ma ci vorranno giorni, probabilmente, per provare a fare un po’ di luce sulle cause del volo di un mezzo elettrico, nuovo, come spiegato dal capo dei vigili urbani Marco Agostini.

Il bilancio, tragico, parla per ora di 21 morti e di 15 feriti; fra i deceduti, come riferito all’Ansa dal coordinatore del Suem 118 Veneto Paolo Rosi, ci sono purtroppo anche un bambino di pochi mesi e un dodicenne, oltre a una ragazza adolescente. Solo sette, al momento, le vittime identificate, fra cui figura anche Rizzotto, estratto senza vita dalle lamiere.
Il governo di Kiev ha confermato che 5 sono le vittime ucraine, tre i feriti. Tra i 15 feriti, di cui otto attualmente in terapia intensiva, ne sono stati finora identificati 11: quattro ucraini (due donne, un uomo e una minore), un tedesco, una francese, un croato, una coppia spagnola e due minori (maschio e femmina) di origine austriaca.

La carcassa del mezzo viene rimossa alle 5 del mattino, il traffico sul raccordo che dalla zona industriale di Marghera porta all’autostrada A4 è stato riaperto alle otto circa. La Procura di Venezia ha aperto un fascicolo sull’incidente, mentre la Questura ha acquisito l’elenco degli ospiti presenti messo a disposizione dal camping proprio per riuscire a identificare le altre vittime. Nel frattempo i parenti stanno arrivando in Italia, il campeggio ha messo a disposizione la propria struttura per accoglierli.

2. Le ipotesi

Sono due, fino a questo momento, quelle più accreditate: la più probabile parla di un malore dell’autista, mentre una seconda pista parla di un possibile principio di incendio partito dal motore elettrico dell’autobus, di proprietà della Martini Bus, che aveva noleggiato il mezzo alla società La Linea, con cui aveva un contratto per il trasporto dei turisti a Venezia.

Tuttavia, il prefetto Di Bari ha spiegato in conferenza stampa che attualmente è al vaglio della procura l0ipotesi del coinvolgimento di un altro mezzo. “Come sempre accade in queste tragedie c’è attività pm che farà gli accertamenti su tutta la vicenda – ha affermato – Su questo credo che la magistratura darà le notizie più appropriate al momento giusto”.

Anche l’altezza del guardrail è indagata, come spiega all’Ansa Giordano Biserni, presidente Asaps, amici e sostenitori della Polizia stradale: “Parliamo di ipotesi, ma da quello che abbiamo potuto accertare attraverso i nostri referenti era un guardrail a unica onda altezza metro e non tripla, come sarebbe stato necessario per il contenimento di un veicolo che può raggiungere le 18 tonnellate. Dipende dall’angolatura che prende, un guardrail così può contenere un’auto, ma un bus del genere è difficile che possa essere contenuto e lo dimostrano anche altri incidenti simili. Andrebbero cambiati, sarebbe il nostro auspicio, ma i costi sono altissimi”.

In realtà, un progetto di sostituzione c’è, come ha spiegato, parlando con Adkronos, Renato Boraso, assessore alla Mobilità del comune di Venezia: “Sul tema della sicurezza del nostro Paese, noi è dal 2016 che abbiamo cominciato il monitoraggio e le perizie. Dopo il Ponte Morandi noi ci siamo preoccupati di un cavalcavia che è del 1930”, in regola, spiega, “rispetto alla norma di quando è stato messo”.

E aggiunge che i lavori, da 6,5 milioni di euro, “sono in corso da un mese. Rifacciamo tutte le asfaltature e tutta la cordonata a cui vanno agganciati i nuovi guardrail, perché se si guarda la cordonata, si capisce che anche mettendone dieci di guardrail, se uno perde il controllo, cade giù […] Il cavalcavia è stato trasferito al Comune di Venezia oltre dieci anni fa, io come l’ho ereditato nel 2016 l’ho messo in monitoraggio immediato, fatti i progetti, però il sindaco ha dovuto trovare dei fondi. Ora lo stiamo rimaneggiando. Sarebbe auspicabile che per un’opera dello Stato dovrebbe esserci anche lo Stato a darti una mano, ma non capita sempre così”.

3. Le voci e le testimonianze

I soccorritori giunti sul posto parlano di un vero e proprio “inferno”, mentre i residenti della zona, soprattutto stranieri che lavorano in fabbrica a Marghera, raccontano di “un botto tremendo”.
Nel video delle telecamere piazzate sulla strada si nota l’autobus, sulla parte destra della carreggiata, che si muove con una “manovra eccessiva”, come riporta chi ha visionato i filmati. Stessa impressione descritta da un testimone alla guida di un’auto dietro il bus. Motivo per cui l’ipotesi del malore o del colpo di sonno di Rizzotto sembra quella più plausibile. Maggiori risposte potrebbero arrivare dalla scheda video che si trova sull’autobus: dopo svariate ore di tentativi sono state acquisite due scatole nere che, si ritiene, possano aiutare a far luce sulla dinamica.

Ci sarebbe però – ma su questo punto dobbiamo usare il condizionale – anche un audio diffuso via WhatsApp nella zona di Venezia e Mestre, in cui una donna afferma di conoscere l’autista e spiega che “qualche testimone ha visto l’autobus prendere fuoco nella rampa di salita del cavalcavia”, ma che l’autista “non poteva fermarsi perché era stretto fra altre macchine in coda”. Proprio per fare una manovra di emergenza avrebbe perso il controllo del mezzo, uscendo di strada e precipitando sui binari sottostanti. Tuttavia, non ci sono riscontri tra le testimonianze raccolte dagli inquirenti sul fatto che l’autobus fosse già in fiamme prima della caduta.

I primi ad accorrere sul luogo dell’incidente per prestare soccorso sono stati due ragazzi africani che abitano nelle case popolari nelle vicinanze, Boubakar Toure, gambiano ventisettenne da dieci anni in Italia, e Godstime Erheneden, trentenne nigeriano, entrambi operai. Racconta il primo: “Stavo cucinando del riso e ho sentito un rumore fortissimo: pensavo fosse un terremoto. Poi è corso il mio amico Godstime, mi ha detto che aveva visto cadere un autobus dal cavalcavia”.

I due sono corsi sul posto, trovando il mezzo capovolto e un inferno di lamiere, da cui arrivavano grida strazianti.

Sentivo le persone urlare imprigionate in mezzo alle lamiere: chiedevano aiuto. Abbiamo tirato fuori prima una donna con la sua bambina e poi un uomo. Poi ho tirato fuori anche un cane. Sembravano tutti vivi. Poi ho guardato tra quei rottami e ho visto l’autista: era già morto.

Erheneden aggiunge:

C’era una donna che parlava inglese e piangeva: mentre la tiravo fuori diceva ‘Prendi mia figlia, prendi mia figlia’. Era una bimba piccola, credo avesse due anni. Era priva di conoscenza, ho il sospetto che fosse morta. Sono sconvolto: ha l’età di mio figlio. È come se avessi perso lui.

Nel tentativo disperato di aiutare i passeggeri intrappolati, Toure, padre da pochi giorni, si è anche ustionato le mani:

Volevo salvare ancora quelle persone che gridavano, ma le fiamme stavano crescendo e sono diventate troppo alte. Mi sono dovuto arrendere. Godstime invece è rimasto a piedi nudi: nel trambusto ha perso le sue scarpe, rimaste chissà dove vicino alla carcassa dell’autobus bruciato”.

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