Caryl Menghetti, una 45enne, ha ucciso il marito Diego Rota, nella notte tra il 25 e il 26 gennaio 2024 a Martinengo, in provincia di Bergamo. Solo poche ore prima del delitto era stata lei stessa a svelare di essere intenzionata ad assassinare il consorte in occasione di una visita psichiatrica a cui era stata sottoposta dopo essere stata preda di una serie di allucinazioni.

Sulla base di quanto riportato dal Corriere della Sera, una volta arrivata all’ospedale di Treviglio lei avrebbe espresso al medico che l’ha visitata i suoi intenti omicidiari, ma le sue parole sarebbero rimaste inascoltate. Il dottore aveva infatti deciso di dimetterla poche ore dopo dandole una cura farmacologica da seguire.

Tornata a casa, la donna avrebbe inseguito in preda alle urla Diego Rota, che avrebbe cercato di scappare avendo compreso le sue intenzioni, ma senza riuscirci. Concluso l’omicidio, Caryl Menghetti ha contattato in videochiamata la sorella, che ha subito lanciato l’allarme chiamando il 112 dopo avere notato le macchie di sangue presenti sulle sue mani e sul suo volto.

L’uomo è stato però ritrovato in una pozza di sangue sul pavimento della camera da letto, con i segni evidenti di una serie di coltellate a gola e collo.

Come riferito dal quotidiano milanese, già in passato Menghetti aveva avuto problemi psicologici, che l’avevano portata a subire un TSO (Trattamento sanitario obbligatorio), seguito da un ricovero a Treviglio, resosi necessario a causa di alcuni comportamenti aggressivi che i medici ritenevano necessario approfondire.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, non ci sarebbero precedenti di maltrattamenti in famiglia all’interno del nucleo famigliare. Ora però la coppia, che ha una bambina di cinque anni, avrebbe avuto problemi familiari e di lavoro, che hanno contribuito a rendere pesante il clima che si respirava all’interno dell’abitazione. L’arma utilizzata per il delitto è già stata individuata e messa sotto sequestro.

I carabinieri intervenuti sul posto hanno condotto la 45enne, che non ha opposto resistenza, prima in caserma, successivamente in carcere. La loro bambina era presente in casa al momento dei fatti, ma non avrebbe assistito all’accaduto, forse perché stava dormendo; ora è stata affidata ai familiari su disposizione della Procura dei minori di Brescia.

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