L’hanno voluta, si sono affidati a una madre surrogata, ma poi ci hanno ripensato, e hanno lasciato la loro bambina, regolarmente riconosciuta, in Ucraina.
La storia di Giulia, nome di fantasia che abbiamo scelto di dare alla piccola di sedici mesi, comincia nell’agosto del 2020, quando una coppia italiana si reca a Kiev per avere un figlio grazie alla maternità surrogata.

La bimba nasce, i genitori la riconoscono e rientrano in Italia, lasciando lì la piccola, che viene affidata a una babysitter, temporaneamente, si pensa. E invece, dopo più di un anno di distanza, la bambina è ancora lì, con la tata, mentre mamma e papà, che inizialmente hanno telefonato per chiedere di lei e hanno inviato dei soldi, sono spariti.

La donna, pur essendosi affezionata molto alla piccola, non sa cosa fare, ha un altro figlio diciottenne e non può crescerla, quindi si rivolge al Consolato italiano, che passa la palla alla Procura di competenza territoriale e alla Procura dei minori.

Vengono contattati i genitori, che confermano l’intenzione di rinunciare alla bambina; e qui entra in scena lo Scip, l’ufficio interforze composto da Polizia, Carabinieri, guardia di Finanza e Penitenziaria, per andare in Ucraina a recuperare la piccola.

A prenderla va l’ispettore Antonio Ricci, scelto, racconta al Corriere della Sera, perché la sua capa gli ha detto: “Mi serve una persona affidabile, competente, umana. E un padre”. Con lui ci sono una pediatra, Carolina Casini, e un’infermiera della Croce Rossa.

In aereo eravamo tutti tesi, temevamo le tre ore di volo. La bambina non ci conosceva – ha raccontato Casini, del Sant’Andrea di Roma, dal 2009 volontaria della CRI – Avrebbe potuto piangere tutto il tempo. Invece ha giocato. Con il cartello di plastica attaccato al sedile che dice cosa fare in caso di ammaraggio. Indicava con il dito le figure disegnate, il bambino, la mamma.

Racconta anche i momenti emozionanti del distacco dalla tata che per 16 mesi si è occupata di Giulia.

La tata e suo figlio 18enne hanno provato a salire per l’ultimo addio. Ma non li hanno fatti passare. Mi sono girata e li ho visti piangere, madre e figlio, abbracciati […] Per venti volte la tata si è raccomandata di non perdere le foto. Un anno di lei con la bimba che aveva messo nella valigia. Quando sarà grande, ripeteva, non dovrà dimenticarsi di noi. Dovrà sapere quanto ci siamo amati.

L’aereo che li ha riportati in Italia è atterrato giovedì; la piccola al momento si trova con una coppia “affidataria” che risiede nel Piemonte nord-orientale, e il tribunale per i minorenni, da Torino, ha avviato l’iter verso la sistemazione definitiva. È stata anche trovata una tata che parla in ucraino, per farle avvertire meno lo stravolgimento che la sua vita ha subito.

Nel frattempo, però, la Procura di Novara ha aperto un fascicolo senza ipotesi di reato né indagati, anche se non è da escludere l’ipotesi che presto possa configurarsi, per la coppia, il reato di abbandono di minore all’estero. Occorrerà capire come orientarsi rispetto alle norme e alle convenzioni internazionali, partendo dal presupposto che, a differenza dell’Italia, in Ucraina la maternità surrogata è legale.

Repubblica Torino ha nel frattempo ascoltato i genitori rinunciatari di Giulia:

Non me la sono sentita più, mi dispiace – ha detto la madre – Non la sentivo come mia figlia, mi dicevo: ‘Che c’entro io con lei? Non ce l’ho fatta’.

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