Nel 2015, Hasna Ait Boulahcen è stata etichettata dai media come la prima donna kamikaze d’Europa. La giovane è morta in un’esplosione nella periferia parigina tre giorni dopo gli attacchi al Bataclan, durante un raid della polizia in un appartamento di Saint-Denis.

Successivamente è emerso che Hasna non si è in realtà fatta esplodere. Ad attivare le bombe sarebbe stato un altro kamikaze presente nell’appartamento insieme a lei.

Etichettata come una “ragazza festaiola“, che “non aveva mai aperto un Corano”, all’epoca i giornalisti facevano a gare per trovare informazioni su Hasna, ma faticavano a dipingere un quadro di chi fosse veramente. La sua storia è stata spesso sensazionalizzata dalla stampa, anche perché ancora oggi è raro sentir parlare di donne kamikaze.

Ad approfondire la storia della vita di Hasna è stato il docu-film You Resemble Me, un film di finzione sulla sua vita co-prodotto da Spike Jonze e Spike Lee. Basato su 320 ore di interviste con la famiglia e gli amici di Hasna, il film mostra cosa può accadere quando la società non riesce a proteggere un bambino.

Fermate per strada dalla polizia dopo aver rubato del cibo da una bancarella del mercato, si racconta nel film, Hasna e sua sorella vengono separate e collocate in due diverse famiglie affidatarie, nonostante il loro desiderio di restare insieme.

Ma Hasna non sopporta solo la separazione crudele da sua sorella. Nella sua nuova casa è costretta a mangiare carne di maiale, contro le sue convinzioni. Pian piano si avvicina al mondo della droga e della prostituzione.

Da donna adulta, Hasna è un’anima tormentata, che va alla deriva tra lavori, appartamenti di amici, discoteche e rapporti sessuali con sconosciuti. Più tardi, sempre più isolata e sola, Hasna viene manipolata online dal suo cugino estremista, Abdelhamid Abaaoud, che cerca di convincerla ad andare in Siria approfittando della sua fragilità. Abdelhamid è morto nello stesso raid che ha ucciso Hasna, ed era il capo degli attacchi di Parigi.

You Resemble Me ha sollevato un acceso dibattito online a causa dell’evidente tentativo di umanizzazione di una figura controversa come quella di Hasna Ait Boulahcen. La regista, Dina Amer, ha affermato di aver realizzato il film non per giustificare ciò che ha fatto Hasna, ma per spiegare l’importanza di investire nei giovani e nella loro crescita, per evitare (o, perlomeno, ridurre al minimo la possibilità) che prendano strade pericolose.

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