Una donna con il burqa, crocifissa, è comparsa a mezzogiorno in piazza Castello, a Milano. Si tratta dell’opera dell’artista milanese Cristina Donati Meyer, Le donne afghane ringraziano: un titolo volutamente provocatorio, per denunciare la situazione di abbandono in cui la popolazione femminile è stata lasciata nel Paese asiatico, dopo l’inizio del ritiro delle truppe americane e la conseguente avanzata dei talebani.

L’artista ne ha spiegato il significato anche sul suo profilo Facebook.

‘Le donne afghane ringraziano’, opera dedicata alla precipitosa fuga degli occidentali da Kabul che ha lasciato nelle mani dei tagliagole talebani un intero Paese e, soprattutto donne e bambine, odiate visceralmente dai patriarchi maschilisti e semi analfabeti, fondamentalisti del nulla. L’opera, una croce sulla quale è trafitta una donna afghana, e che contrasta con l’estetica serena e rassicurante della grande fontana del Castello, rappresenta la sorte alla quale le truppe USA e della NATO stanno abbandonando le donne e le bambine afgane.

La scomposta fuga degli occidentali da Kabul sta lasciando nel Paese asiatico alcune decine di migliaia di persone a rischio tortura, lapidazione e assassinio per mano dei tagliagole Taliban.
Sono le ragazze che avevano avuto l’illusione, in questi 20 anni di occupazione militare, di poter lavorare, studiare o non nascondersi i un sacco nero di tessuto. Sono le persone che hanno collaborato e lavorato con gli occidentali e con le autorità fantoccio afgane. Sono le bambine, anche di 8 anni e le ragazze che non avevano alcuna intenzione di prendere in ‘sposo’ con la forza un vecchio mullah talebano. Stati Uniti e Europa avrebbero potuto pianificare un ritiro graduale e ordinato, portando prima in salvo le persone esposte a sicura vendetta talebana. Invece si è scelto di scappare, lasciando agli estremisti armi ed equipaggiamenti, oltre ad un mare di vittime, soprattutto donne e bambine, da falciare liberamente.

L’opera è stata installata senza richiedere alcun permesso perché, sostiene Donati Meyer, “l’arte deve essere libera e anarchica”. Con una base in ferro e la croce in legno massiccio, la statua pesa oltre 100 chili; “ci vorrà un po’ a toglierla – commenta la scultrice – Intanto mentre la installavo ho sentito i commenti dei passanti, tutti colpiti dall’installazione, che sta facendo il suo dovere”.

Dagli accordi di Doha, siglati nel dicembre del 2020 tra i talebani e l’amministrazione americana allora guidata da Trump, sarebbero state uccise 220 donne, che si aggiungono alle 130 dell’anno precedente, soprattutto attiviste, politiche, studentesse e giornaliste, secondo un reportage di Sky tg24 curato da Francesca Mannocchi. E dopo l’attentato kamikaze all’aeroporto di Kabul, rivendicato dal ramo locale dell’Isis, lo Stato islamico nel Khorasan (Isis-K) e costato la vita ad almeno 90 persone, il panico per lasciare il Paese cresce.

Molti Stati occidentali hanno aperto corridoi umanitari per aiutare i profughi afghani in fuga, e un particolare riguardo è riservato proprio alle donne, che più di tutti rischiano di essere oppresse dal nuovo regime talebano, spazzando via gli anni di progresso compiuti dal 2001 in poi.

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