In Italia, più precisamente a Torino, ha visto la luce il primo Death Cafè della regione, un progetto portato avanti dall’Ordine degli Psicologi del Piemonte.

L’idea è nata, in realtà, una dozzina id anni fa e si è diffusa a macchia d’olio in tutto il mondo. Prima di Torino, altre città italiane avevano sperimentato il trend tra cui Mantova, Parma e Verona. Ma cosa sono esattamente questi “Death Cafè”? Si tratta di meeting pubblici – della durata di circa due ore – ai quali prendono parte poche persone (si cerca, in generale, di non superare i venti partecipanti).

Durante questi incontri, i partecipanti discutono attivamente sul tema della morte in un clima sereno e rilassato, aiutati da un mediatore. Lo scopo è quello di superare i tabù su questo difficile tema e spingere le persone a esprimere liberamente le proprie paure e le proprie idee in proposito.

L’Ordine degli Psicologi ha richiesto la presenza di esperti del settore, con i quali i vari partecipanti possono dialogare e chiedere informazioni. Questo per per aiutarli a comprendere più fondo il dolore fisico e psicologico strettamente legato al fine vita.

Gli appuntamenti sono stati organizzati a cadenza mensile e, in questa prima fase del progetto, ve ne saranno quattro ogni mese. Tutti gli appuntamenti si terranno nella sala del consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte, in via San Quintino 44 a Torino. Sebbene gli incontri siano aperti a tutti, sono indirizzati soprattutto a chi con la morte ha a che fare ogni giorno per lavoro. Si parla quindi di operatori sanitari, psicologi, e coloro che lavorano a stretto contatto con persone anziane o sofferenti.

I Death Cafè hanno chiaramente suscitato la curiosità di moltissime persone in tutto il mondo. Particolarmente significativa è stata una dichiarazione di una infermiera e doula della morte inglese (coloro che accompagnano i malati terminali verso la fine della loro esistenza), intervistata dal The Guardian, la quale ha asserito di aver imparato molto da questi incontri.

“Volevo vedere cosa pensavano le altre persone della morte”, ha dichiarato la donna. “Fa parte del mio lavoro, quindi è molto più facile per me discuterne, ma non posso presumere che tutti la pensino allo stesso modo. Volevo anche capire cosa provano le persone nell’avere qualcuno lì nel momento della morte, oltre alla famiglia, qualcuno come me, una doula della morte. Che cosa ho ottenuto dall’incontro? Serenità.”

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