In una società sempre più aperta sul tema della morte (rimasto a lungo un tabù) si fa sempre più rilevante il ruolo delle “Death Doulas“, ovvero quelle persone che sostengono spiritualmente (e non solo) coloro che sono giunti alla fine della loro vita.

La parola deriva dal greco ‘doulē‘ che significa ‘serva‘. In origine, con il termine “doula” si faceva riferimento alla persona che guidava e supportava a una donna incinta durante il travaglio. Il significato di questo termine, quindi, si è esteso con il passare del tempo.

Conosciuta anche come “ostetrica dell’anima“, il supporto che questa persona offre spesso si concentra sul lato emotivo, psicologico e spirituale della morte, così come sulle questioni più pratiche. Come, ad esempio, portare a spasso il cane o fare la spesa.

Le doula si assicurano inoltre che vengano seguite correttamente le prassi culturali o religiose della persona morente e fanno sì che il suo corpo venga trattato nel modo giusto dopo la morte. Possono anche lavorare a fianco dei leader religiosi (come il sacerdote, l’imam o il rabbino) in modo da assicurare alla persona morente tutto il sostegno di cui necessita.

La missione della doula della morte è ascoltare la persona che sta morendo e coloro che le sono vicini, offrendo supporto non giudicante, emotivo e spirituale. La doula non ricopre un ruolo sanitario, ma spesso lavora in collaborazione con il team medico per aiutare a rendere il processo della morte il più confortevole e meno doloroso possibile.

Sebbene la parola “doula” avesse originariamente connotazioni femminili, persone di qualsiasi genere possono ricoprire questo importante ruolo. L’International End of Life Doula Association afferma che le doula della morte “aiutano a ripristinare la sacralità della morte, forniscono tregua ai caregiver esausti, danno un significato profondo all’esperienza della morte e preparano i familiari agli ultimi respiri della persona amata”. L’End of Life Doula UK, invece, usa il termine “amico nella morte” per riassumere cosa significa essere una doula.

Una doula della morte mantiene il suo ruolo per un periodo di tempo variabile. Alcune persone potrebbero desiderare averla accanto subito dopo la diagnosi di una malattia mortale. Altre potrebbero desiderare il suo supporto nelle ultime settimane o giorni di vita. Le doula possono anche continuare a sostenere la famiglia di una persona deceduta per settimane o mesi dopo il lutto. Alcune persone svolgono questo ruolo come un lavoro e quindi dietro pagamento; altre lo fanno gratuitamente come volontarie.

“Nella nostra cultura a volte esageriamo nel prepararci alla nascita, ma ci limitiamo a ‘sperare per il meglio’ alla fine della vita”, ha detto Maryanne O’Hara, una doula di Boston autrice di Little Matches: A Memoir of Grief and Light.

La prematura morte della sua giovane figlia Caitlin l’ha spinta a intraprendere il percorso per diventare doula. E ha così, ha detto, ha dato un senso al suo immenso dolore.

“La formazione è stata davvero un modo per approfondire ancora di più il mio dolore e capire come avrei potuto prendere la mia esperienza per aiutare altre persone a vivere una vita migliore”, ha dichiarato O’Hara.

“Ho visto di persona quanto sia orribile doversi rendere conto che la vita continua anche dopo una morte così dolorosa”, ha continuato. “Non appena Caitlin è morta, mi sono resa conto che lei se n’era andata per sempre e a me non restava che trovare il modo di affrontare la vita. Una buona doula può fornire molto aiuto in questa fase”.

“L’inizio e la fine della vita sono così simili“, ha detto Francesca Arnoldy, l’istruttrice principale del programma End-of-Life Doula di UVM. “L’intensità, il mistero, tutte le incognite. Devi rinunciare al tuo senso di controllo sulla vita e su ciò che ti accade intorno”.

Più di 1.400 persone si sono diplomate al programma UVM sin dal suo inizio nel 2017. I corsi, negli Stati Uniti, costano $ 800 per otto settimane e includono la scrittura di lettere di addio ai propri cari, la creazione di necrologi e il completamento di un “progetto di storia della vita” con un volontario.

Il programma ha anche recentemente avviato un progetto di ricerca “StoryListening” in cui le persone in lutto in tutto il Paese sono invitate a condividere le loro storie di perdita durante la pandemia con una doula esperta. Alla fine della sessione di un’ora, ai partecipanti viene consegnata una registrazione della propria conversazione.

Proprio durante la pandemia si è registrato un picco di adesioni al percorso formativo. “Le persone provenivano da età diverse rispetto al solito, erano più giovani di quanto normalmente vediamo perché si sono rese conto che coloro che stavano morendo appartenevano anche alla loro fascia di età, cosa che di solito non accade”, ha detto Diane Button, membro della Bay Area End-of-Life Doula Alliance.

Maryanne O’Hara, che è anche una scrittrice, ha ammesso che la sua formazione all’UVM è stata “umiliante”. “Sono entrata pensando ‘Sono stata una volontaria che ha sostenuto persone morenti, ho perso mia figlia, sono un’esperta del dolore’”. Più studiava, però, più si rendeva conto di essere solo un’esperta del suo dolore.

“Non puoi davvero dire a nessun altro come affrontare la sofferenza”, ha detto O’Hara. “Puoi solo offrire consigli, ma non c’è una tempistica per il dolore. Non appena le persone ricevono una diagnosi, sono in lutto. Il loro stile di vita quotidiano cambierà per sempre”.

Eh ha aggiunto: “Il mio dolore non se ne andrà mai. E non vorrei che lo facesse. Dolore, gioia e amore: fanno tutti parte dello stesso spettro. Sto soffrendo perché ho amato tanto”.

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