È ormai passato più di un anno dal terribile omicidio di Domingo Choc Che, la guida spirituale guatemalteca specialista in medicina Maya, torturato e dato alle fiamme dai vicini del villaggio di Chimay nel giugno del 2020, dopo essere stato accusato di stregoneria.

I rapitori lo avevano accusato di aver celebrato una cerimonia su una tomba di famiglia e lo avevano torturato e picchiato per più di 10 ore prima di dargli fuoco la domenica mattina. Un video ampiamente condiviso dei suoi ultimi momenti mostra Choc Che correre in fiamme e chiedere aiuto prima di crollare.

Tre persone sono state condannate a 20 anni di carcere per il loro ruolo nell’omicidio. Un verdetto che ha indignato le guide spirituali indigene e gli erboristi, che ancora una volta hanno visto i giudici minimizzare la violenza prodotta dall’estremismo cristiano (benché la chiesa cattolica abbia negato che le convinzioni religiose abbiano avuto un ruolo in questa storia).

L’omicidio di Choc Che è solo uno dei casi di violenza perpetrata dai cristiani sulle popolazioni indigene in Guatemala. Circa il 43% della popolazione del paese si identifica come indigeno, con una forte e radicata tradizione religiosa Maya alle spalle trasmessa di generazione in generazione; ma gli estremisti cristiani del posto accusano abitualmente i leader spirituali Maya di stregoneria.

“Sono convinti che andranno in paradiso per aver rimosso il diavolo dai loro villaggi”, ha detto Monica Berger, sociologa e antropologa dell’Università della Valle del Guatemala che ha lavorato a stretto contatto con Choc Che. “Credono fermamente che queste guide spirituali rappresentino il diavolo. Questa estrema intolleranza è stata generata da una totale mancanza di conoscenza e comprensione di cosa sia la spiritualità Maya”.

Dopo la conquista spagnola e la crescita del potere nelle mani delle chiese cattoliche e protestanti, le minoranze religiose hanno subito attacchi continui e feroci. In epoca coloniale, le comunità indigene furono costrette a convertirsi e a rinnegare il loro credo. Il razzismo anti-indigeno era così forte che, durante i 36 anni di guerra civile del Paese, furono proprio i nativi guatemaltechi a subire il maggior numero di perdite: secondo i dati delle Nazioni Unite, oltre l’80% delle 200.000 persone uccise durante la guerra erano indigeni.

La violenza contro i guatemaltechi che praticano la spiritualità e la medicina tradizionale Maya viene ancora oggi perpetrata (il caso di Choc Che ne è un esempio), ma la maggior parte degli attacchi non viene denunciata, per timore delle conseguenze.

“Non abbiamo mai desiderato un confronto né con le chiese cattoliche né con quelle evangeliche”, ha detto Felipe Gómez, che lavora con l’associazione di guide spirituali Oxlajuj Ajpop. “Vogliamo solo che ci rispettino”.

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