"Donne più stupide, giusto che guadagnino meno", Corte assolve eurodeputato

A esprimersi sulla vicenda è stato un collegio composto da sei giudici tra cui c'era una sola donna. Il verdetto, dunque, appariva più che scontato vista la composizione di chi era stato chiamato a decidere su una questione così delicata.

A pronunciare questa frase era stato il deputato del Parlamento europeo Korwin-Mikke secondo cui era giusto che le donne guadagnassero di meno rispetto agli uomini poiché “stupide”. Dichiarazioni che hanno suscitato lo sdegno di tutta l’aula essendo state pronunciate durante una sessione del Parlamento europeo nel marzo 2017, come riportato dalle principali testate giornalistiche italiane. Dichiarazioni che inevitabilmente non sono passate inosservate al punto che Tajani aveva deciso di sospendere il deputato in questione.

Ora, a distanza di un anno e mezzo dal fatto che ha indignato l’Europa, è arrivata la sentenza del Tribunale di Strasburgo. La Corte ha espresso un parere opposto rispetto a quello del Parlamento decidendo, in altre parole, di riabilitare il deputato e dunque di assolverlo dal fatto contestato. Tra l’altro avrebbe diritto persino a un risarcimento.

A esprimersi sulla vicenda è stato un collegio composto da sei giudici tra cui solo una donna. Il verdetto, stando così le cose, appariva più che scontato vista la composizione di chi era stato chiamato a decidere su una questione delicatissima.

Come ricorderete, il presidente Tajani aveva imposto a Korwin-Mikke il pagamento di una maxi sanzione da 12mila euro pari a 30 giorni di sospensione con relativa perdita di indennità. Gli era stato anche vietato di rappresentare il Parlamento europeo per un anno. Una decisione che l’aula aveva applaudito e che, adesso, la Corte ha bocciato.

In realtà la Corte europea ha ribadito quanto le dichiarazioni fossero “scioccanti” ma ha specificato che tali frasi non rientrassero affatto tra le condotte punibili secondo il regolamento approvato dal Parlamento. Insomma il deputato deve tornare subito al suo posto. Ha sbagliato ma non può essere punito nonostante per il Parlamento quelle dichiarazioni avessero costituito una “lesione alla reputazione e alla dignità dell’istituzione”.

Secondo i giudici, invece, “in assenza di criteri chiaramente definiti, una siffatta interpretazione avrebbe l’effetto di limitare arbitrariamente la libertà di espressione dei parlamentari”.  Possono essere sanzionate solo le dichiarazioni che comportano l’utilizzo di un “linguaggio e comportamento diffamatorio, razzista e xenofobo”.

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