Il dramma delle spose bambine sembra non avere fine e non basta, purtroppo, la campagna di sensibilizzazione per cui l’ONU ha proclamato l’11 Ottobre Giornata Internazionale dei diritti delle Bambine.

Nel mondo, una bambina su 5 viene data in sposa, 50 mila muoiono ogni anno di parto.

Per quanto alcuni dati più recenti parlino di un significativo calo dei matrimoni con protagoniste delle minori (una riduzione del 15%, con un rapporto passato in dieci anni da 1 sposa bambina su 4 a 1 su 5, con il forte calo in India, dove il numero di matrimoni con minori di 18 anni si è ridotto di oltre un terzo, dal 47% di dieci anni fa all’attuale 27%) la piaga sociale resta, ovviamente, delle più gravi a livello mondiale. Non solo nei paesi asiatici e negli stati africani, ma in tutto il  mondo.

L’obbligo del matrimonio durante l’infanzia priva le bambine di ogni forma di opportunità e diritto. A loro viene negato di crescere gradualmente, di istruirsi e di scegliere. Spesso rischiano di morire a seguito dei rapporti sessuali cui sono costrette, perché il loro corpo non è pronto per tali atti e nemmeno per portare a termine delle gravidanze. Diventano vittime di stupri, violenza, abusi di ogni genere e vengono esposte al rischio di contrarre l’HIV o altre malattie trasmissibili sessualmente.

I conflitti, la povertà e le crisi umanitarie sono i fattori predominanti che portano a esporre le bambine a matrimoni prematuri e combinati, e talvolta i genitori, più per disperazione che per seria convinzione, sono proprio coloro che incoraggiano le figlie a diventare spose di uomini molto più grandi di loro, spesso sconosciuti.

Ma qualcuno che si ribella alle convenzioni sociali e alla cultura patriarcale, qualche volta, per fortuna, c’è. È il caso di Mina, letteralmente salvata dalla madre da un matrimonio che l’avrebbe fatta diventare sposa a soli 7 anni.

Mina, salvata dalla mamma

Fonte: The National

Mina è il nome che il  The National, che ha raccontato la sua storia, si è inventato per lei: la bimba afghana di soli sette anni era stata promessa in sposa dalla madre, Qamal Gul, a un lontano parente, per la cifra di 210 mila Afn, corrispondenti a meno di 2500 euro. Le volontà della donna erano di strappare la sua bambina alla miseria in cui la famiglia versava, ma dopo pochi giorni ha ripensato a ciò che aveva fatto e, grazie anche all’intervento di un gruppo di attivisti locali, è riuscita a procurarsi la somma necessaria per “riacquistare” la piccola.

Certo, è un’ingiustizia dare in sposa una bambina di sette anni, ma non avevamo altra scelta – ha dichiarato la trentacinquenne – Non possediamo nulla, tranne le due tende fornite dal Danish Refugee Council. Non c’è acqua, niente vestiti, le giornate invernali stanno diventando sempre più fredde.

Gul, dopo essere rimasta vedova del marito, un poliziotto ucciso dai talebani, è stata costretta a lasciare il villaggio in cui viveva, trasferendosi con la famiglia.

Quando ho perso mio marito, non avevo nulla. Non avevamo terra, né casa, né cibo. Mia figlia non aveva nemmeno i calzini. Avrebbe pianto per la fame e io non sapevo più cosa fare.

Da lì la decisione, terribile, di cedere sua figlia in sposa, nel tentativo disperato di offrirle una vita migliore. Ma, dopo che Mina era stata accompagnata dallo zio presso l’uomo che avrebbe dovuto sposare per la “cerimonia di fidanzamento”, la mamma ha cambiato idea. Grazie agli attivisti è riuscita a mettere insieme non solo la quota necessaria per riprendersi sua figlia, ma anche di più, così che ora Gul ha aperto un conto da usare per l’istruzione della sua bambina.

Mina è stata fortunata, ma purtroppo non tutte le spose bambine nel mondo hanno avuto lo stesso destino felice. Abbiamo riportato alcune delle storie più tragiche che hanno avuto per protagoniste ragazze costrette a sposarsi molto giovani.

Zeinab, giustiziata a 24 anni

Fonte: repubblica

Zeinab Sekaanvand è stata uccisa all’alba del 2 ottobre 2018; la ventiquattrenne curda era stata arrestata nel 2011, appena 17enne, per l’omicidio del marito, che era stata costretta a sposare a 15 anni. In carcere da allora, è stata giustiziata insieme ad altri due detenuti nel carcere di Urmia, nel nord-ovest dell’Iran.

Inutili i tantissimi appelli internazionali che negli anni hanno cercato di portare alla sua liberazione.

Non solo Zeinab era minorenne al momento del reato, ma il processo era stato gravemente irregolare. Aveva avuto assistenza legale solo nelle fasi finali del procedimento, nel 2014, quando aveva ritrattato la confessione, resa a suo dire dopo che agenti di polizia l’avevano picchiata su ogni parte del corpo.

Si legge in una nota di Amnesty International, riportata da Repubblica.

Come detto, la storia di Zeinab risale al 2011, quando era stata costretta a sposare il marito a 15 anni, e a subire ripetutamente abusi fisici e psicologici, fino a quando non ha deciso di farsi giustizia da sola. Quando è stata arrestata, a 17 anni, ha confessato, poi ritrattando per accusare il cognato – fratello del marito – di averla violentata e poi di aver commesso l’omicidio. La ragazza ha anche raccontato di essere stata trattenuta 20 giorni in una stazione di polizia, dove avrebbe subito ogni genere di tortura.

Il 29 settembre 2018 Zeinab è stata trasferita nel reparto ospedaliero della prigione di Urmia, per essere sottoposta a un test di gravidanza, risultato negativo il giorno dopo, quindi la direzione della prigione aveva contattato la famiglia per comunicare loro che avrebbero potuto vedere Zeinab per l’ultima volta il 1° ottobre. Proprio durante quella visita, i parenti hanno appreso che l’esecuzione della ragazza era fissata per il giorno seguente.

Il coraggio di Nojoud Ali e Khadijah Al Salami, spose a 9 e 11 anni

Fonte: Web

Nojoud Ali, classe 1998, aveva 9 anni quando è stata data in sposa.
Yemenita, coautrice di un libro autobiografico tradotto in 15 lingue, è diventata il simbolo della battaglia contro i matrimoni forzati in quanto è la più giovane divorziata al mondo, a soli 10 anni.
Fuggita con la famiglia dal villaggio nello Yemen dove abitava, a causa della povertà estrema, suo padre accetta la proposta di matrimonio di un trentenne e la offre in sposa. Per Nojoud il matrimonio diventa sinonimo di violenza, stupro e dolore.

Due mesi dopo le nozze ottiene il permesso di far visita ai genitori, ai quali chiede aiuto, ma invano. La seconda moglie del padre le suggerisce però di scappare e di rivolgersi ad un tribunale. L’avvocato che la sostiene offre le sue competenze gratuitamente e la aiuta nella sua battaglia.
In Yemen, infatti, i matrimoni sono consentiti solo al compimento del 15esimo anno di età, ma a seguito di un emendamento, che fa riferimento al matrimonio del profeta Maometto, è possibile contrarre il matrimonio con bambine, purché i rapporti sessuali non avvengano fino alla pubertà.

Di fronte alle accuse di stupro, è stata accolta la richiesta di divorzio, ma Nojoud ha dovuto risarcire il marito per aver rotto il contratto matrimoniale.

La sua storia si intreccia con quella della regista Khadijah Al Salami, anche lei yemenita che, come sua madre, è andata sposa forzata a 11 anni a un uomo più grande di lei di 22 anni.
Pur di sfuggire al suo marito aguzzino, la ragazza ha ingerito un’intera bottiglia di un acido ed è stata salvata per miracolo. Dopo varie sofferenze, Khadijah ha realizzato un docufilm ispirato alla sua storia e a quella di Nojoud dal titolo La sposa bambina, presentato al Festival dei Diritti Umani.

Visualizza questo contenuto su

Brendah, 17 anni

Fonte: Web
Fonte: Web

Una lettera scritta di pugno dalla sposa bambina, cui è stato attribuito un nome di fantasia per proteggerla.
La sua storia, raccontata all’associazione Plan International, punta a far conoscere al mondo questa violenza inaudita, eppure ancora legittimata in troppi stati.

Sono sposata con un vecchio, alcolista e violento. Non so nemmeno quanti anni abbia, un tempo andavo a scuola, poi sono stata privata anche di questo diritto.

Era andata a far visita a uno zio da bambina quando viene vista dal vecchio che sarebbe diventato suo marito, il quale promette una dote generosa alla famiglia e lei viene data in sposa.
Le sue giornate vengono scandite dalle botte e dalle violenze e il tutto peggiora quando lui è ubriaco. Non le è permesso uscire di casa senza permesso e vive un isolamento blindato. Non ha nessuno con cui condividere le paure e i dolori, nessuno con cui parlare.

Quando ha bisogno di estraniarsi dalla realtà cui è costretta, quando vuole ricordare la felicità, lei pensa a sua madre e prova a sentirla ancora vicina.

 

Rawan, 8 anni, morta per le lesioni interne la prima notte di nozze

Fonte: Web
Fonte: Web

Rawan, era una bambina di soli 8 anni quando è deceduta a causa delle gravi lesioni interne riportate a seguito della sua prima notte di nozze con il marito quarantenne. Vi abbiamo raccontato la sua storia in questo post, ma vogliamo ricordarla anche qui per dar voce a chi è privato di ogni forma di diritto, affinché la sua tragedia – avvenuta a seguito di un crimine efferato – non venga mai dimenticata.

Le 900 spose bambine indiane salvate da Kriti

Fonte. Greenme

Chiudiamo il nostro articolo con una storia che ci infonde speranza e che ci fa credere che il dramma delle spose bambine possa avere presto una fine. Kriti è una donna di 29 anni – psicologa e attivista contro i matrimoni con i minori – ed è riuscita a fermare 900 matrimoni di spose bambine nel Rajasthan, in India.
Grazie alla sua intercessione, 29 matrimoni sono stati annullati e 6mila bambini sono stati riabilitati.
In Rajastan la pratica di dare in sposa le bambine è all’ordine del giorno e quando si riesce ad interrompere l’unione con una minore, le bambine si ritrovano a vivere in condizioni di emarginazione che le privano di qualsiasi forma di diritto.

Come si muove Kriti? La sua associazione, Saarthi Trust, offre servizi di consulenza, sostegno psicologico, volontariato per sensibilizzare la popolazione sugli effetti insostenibili dei matrimoni tra adulti e bambini, visite alle scuole, manifestazioni in luoghi pubblici, il tutto per gridare a gran voce che: l’alternativa c’è ed è possibile.

Una donna coraggiosa, un esempio di determinazione e fermezza che ci auguriamo diventi non solo dilagante, ma l’unico ad avere la meglio, perché sposare una bambina non è una tradizione, ma un crimine.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!