Le esperienze extracorporee o di pre-morte sono una delle esperienze che affascinano di più l’essere umano, e che rientra in quella serie di domande esistenziali che spaziano dal “C’è vita dopo la morte?” al “È possibile lasciare il proprio corpo?”.

Il tema ha ispirato anche tutto un filone di sci-fiction, cinema e letteratura, nutrito anche da una discreta quantità di testimonianze e storie di persone che affermano di aver provato l’esperienza di “osservarsi da fuori”, ma come si esprime la scienza in proposito?

L’OBE (out of body experience) viene da sempre considerata un mistero dal mondo scientifico, che pure ha dedicato diversi studi e ricerche al tema: nel 2007, ad esempio, la prestigiosa rivista Scientific American ha riportato uno studio in cui dei neuroscienziati hanno cercato di ricreare la sensazione descritta da chi sostiene di avere avuto una esperienza extracorporea, utilizzando una videocamera e occhiali di realtà virtuale pensati appositamente.

Due anni più tardi, invece, tre neuroscienziati belgi hanno pubblicato un articolo evidenziando il collegamento tra OBE e attività della corteccia temporo-parietale, rafforzando la teoria per cui questo tipo di esperienze avrebbero natura fisica, e in particolar modo sarebbero collegate a qualche parte del cervello.

Altre ipotesi che spiegano, seguendo cause di natura biologica, le OBE mettono sul piatto fenomeni come la paralisi del sonno o il ritmo circadiano.

Ci soni infatti svariati studi sul sonno che hanno dimostrato che le persone sperimentano uno stadio intermedio del sonno, tra veglia e fase REM, in cui proprio il sistema REM induce alla paralisi; in alcuni soggetti un cattivo funzionamento del sistema potrebbe portare alla paralisi mentre la persona è ancora nello stato di veglia, inducendo la sensazione di fluttuazione al di fuori del corpo, assieme a sogni vividi.

Tuttavia, ciò che la scienza non è ancora stata in grado di spiegare è come i soggetti che affermano di aver vissuto delle OBE possano descrivere nei minimi dettagli luoghi o eventi cui hanno assisitito durante l’esperienza, ma mai visti o vissuti nel corso della loro vita.

Alle esperienze extracorporee sono legate, ovviamente, anche le filosofie religiose e spirituali: nell’induismo, ad esempio, è presente il concetto di proiezioni astrale e viaggio spirituale al di fuori del corpo, come effetto del raggiungimento di uno stato meditativo profondo, così come molte religioni pagane sono convinte che lo spirito sia in grado di separarsi dal corpo per esplorare il mondo da un’altra prospettiva.

I praticanti della filosofia New Age ritengono il viaggiare nel regno spirituale un dono umano naturale, da coltivare e sviluppare attraverso la meditazione.

Come detto, strettamente legate alle esperienze extracorporee ci sono quelle di pre-morte (NDE, dall’inglese Near Death Experience), classificate come esperienze psicologiche molto profonde, in cui le persone descrivono sensazioni simili a quelle di OBE, ovvero uno stato di profondo benessere, la sensazione di osservare il proprio corpo e ciò che accade intorno a esso da fuori, viaggiare verso un tunnel di luce, l’interazione con entità spirituali e, da ultimo, un senso di pace profonda.

Nel 2019, all’incontro annuale dell’Accademia europea di neurologia, sono stati presentati i risultati della Greyson NDE Scale, una scala sviluppata dal professore e psichiatra Bruce Greyson che misura la profondità dell’esperienza di pre-morte di un individuo: questa scala, sulla base di 289 esperienze di pre-morte auto-riportate, di cui solo 106 considerate autentiche, ha individuato i tratti più comuni delle NDE:

  • la percezione anomala del tempo (87%)
  • la velocità di pensiero eccezionale (65%)
  • i sensi eccezionalmente vividi (63%)
  • le sensazioni di essere separati da o fuori dal proprio corpo (53%)

Secondo i ricercatori dell’International Association for Near-Death Studies, le NDE si verificherebbero a causa di un cambiamento nel flusso sanguigno che arriva al cervello durante eventi improvvisi e scioccanti per la persona che li vive, come quelli, appunto, in cui è in pericolo la propria vita. Una delle più recenti esperienze di pre-morte è quella raccontata da Kevin Hill, 52enne originario del Derbyshire , al Mirror: l’uomo ha spiegato di essere corso in ospedale, nel 2021, dopo che le sue gambe avevano iniziato a gonfiarsi per un eccesso di ritenzione idrica; arrivato al Derby Royal Hospital, viene operato, nel gennaio 2022, per un’anomalia alle valvole cardiache, in seguito a cui Hill contrae la calcifilassi, una malattia che provoca la calcificazione sistemica delle arterie e provoca ischemia e necrosi in aree localizzate del tessuto adiposo o della cute. Le gambe di Kevin Hill hanno iniziato a sanguinare, fino a fargli perdere tre litri di sangue in tre giorni, tanto che il suo cuore si ferma e viene tecnicamente definito “morto”.

Sapevo di essere morto – ha raccontato al tabloid inglese – Ero separato dal mio corpo. Era come se fossi nel regno degli spiriti. Ero consapevole di quello che stava succedendo ma provavo così tanta pace. Sapevo che stavo sanguinando. Sapevo che era grave. Guardavo il personale dell’ospedale che continuava a entrare e uscire per fermare l’emorragia.

Poi sono andato a dormire e mi sono svegliato vivo, l’emorragia si era fermata. Sapevo che non era il mio momento di morire. La situazione mi ha fatto ricordare delle mie priorità. Quando sono uscito dall’ospedale, la mia atmosfera familiare è cambiata radicalmente. Sono diventato più resiliente. So che posso riprendermi.

Questa che riportiamo di seguito, e sulla cui veridicità non abbiamo, ovviamente, conferme assolute, è invece la testimonianza di un lettore rilasciata nel 2014 a Trieste Prima:

In un pomeriggio di gennaio 2006 faceva molto freddo e c’era la neve, assistito in una camera dell’ospedale di Cattinara il mio corpo cominciò a sudare all’improvviso, mia moglie vedendomi in grossa ed evidente difficoltà mi chiese cosa stesse succedendo, risposi a stento che non arrivavo più a respirare, mi mancava l’aria! Da subito allertati i medici con urgenza mi portarono in rianimazione intronducendomi in coma farmacologico. Erano giorni che certamente rimasi tra la vita e la morte costantemente attaccato agli appositi strumenti che monitorano l’attività cerebrali e del corpo in generale. Ma mentre giacevo immobile e privo di conoscenza, sperimentavo anche un lucido e incredibile viaggio destinato a pormi tanti interrogativi.

Tutto ha avuto inizio dal momento che percorso un lungo tunnel buio giunto all’estremità mi ha atteso un mondo di luce accecante, una lieve musica che emanava una dolcissima melodia, uno sterminato giardino con tanti fiori e stormi di esseri luminosi che lasciavano dietro di sé una scia altrettanto di luce, di amore esseri che ritengo avessero forme di vita superiore. Ricordo che potevo ascoltare la bellezza di questi esseri straordinari e contemporaneamente vedere la gioia e la perfezione di ciò che stavano cantando.
Nella memoria rimasta di quel periodo ho incontrato ma ancor di più sentito una vocina soave che esprimendo amore assoluto, ben al di sopra di quello sperimentabile nella vita reale, parlava con me con messaggi sublimi come il soffio di un alito caldo alla fine dicendomi che no, no, non era ancora arrivata la mia ora per restare lì e invitandomi a tornare indietro. Cosa che ho fatto ricordo molto, molto dispiaciuto a dover abbandonare quel luogo fatto di infinita estasi, una sensazione mai provata prima.

Ricordo che dopo al risveglio dal coma e mia moglie per fortuna lo può testimoniare la prima cosa che raccontai a mia moglie fu questa mia straordinaria esperienza vissuta nel mentre dal reparto di rianimazione ancora in ascensore venivo trasferito nel “mio ” reparto precedente che era l’urologia dissi inoltre a mia moglie che mi accudiva che questa persona che io non vedevo nell’accomiatarmi da quel posto paradisiaco che mi disse : «tu sei amato e accudito», poi «non c’è niente di cui avere paura» e infine «il tuo posto è con i tuoi cari , devi tornare indietro!

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