Essere donne a Gaza
Come già per i bambini, oggi la Striscia di Gaza è tra i luoghi più pericoloso al mondo per essere donna.
Come già per i bambini, oggi la Striscia di Gaza è tra i luoghi più pericoloso al mondo per essere donna.
Il 7 ottobre 2023 l’attacco di Hamas contro Israele ha ucciso circa 1.200 persone, tra cui molte donne e almeno 33 bambini.
Da allora, in circa cinque mesi di bombardamenti da parte di Israele, si stima che nella Striscia di Gaza siamo state uccise circa 9.000 donne, ma secondo i dati di UN Women questa cifra è probabilmente sottostimata e le donne gazawi morte, ma ancora disperse sotto le macerie, sarebbero di più.
I dati ci dicono anche altre cose, sulle donne di Gaza:
A proposito di bambini, gli ultimi dati del Ministero della Sanità di Gaza, stimano a oltre 30.500 le persone gazawi uccise dopo il 7 Ottobre (Israele ha rivendicato un numero 3 volte superiore), di cui oltre 12.500 sarebbero bambini. Al punto che l’UNICEF ha dichiarato che
la Striscia di Gaza è il luogo più pericoloso al mondo per essere un bambino
La foto che apre quest’articolo è del 3 marzo 2024 e ritrae Rana Abu Anze con i suoi gemelli di 4 mesi uccisi nel bombardamento israeliano su Rafah, in cui la donna palestinese ha perso anche il marito.
Ma la morte propria o dei propri figli, per quanto sia un’immagine iconica, non è la sola lente di genere con cui si può leggere il genocidio in corso a Gaza.
Secondo una raccolta dati UN Women svolta su 120 donne tra l’8 e l’11 febbraio a Gaza:
In generale è alle donne che è delegato il compito di procurarsi il cibo, sempre più difficile da reperire; al punto che sono sempre di più quelle costrette a scavare in cerca di viveri, anche avariati, sotto le macerie o nei cassonetti, o recuperando carcasse di animali domestici e non. D’altra parte, sono sempre le donne a mangiare per ultime per lasciare il cibo ai figli, ma anche a fratelli più piccoli, mariti e altri membri fragili della famiglia, come genitori e parenti anziani o malati.
Queste rilevazioni di febbraio, del resto, sono ormai superate e, come tutte le ONG internazionali stanno segnalando, inascoltate, l’intera popolazione di Gaza, pari a 2,3 milioni di persone, è affamata e si è oltre i livelli acuti di insicurezza alimentare e carestia.
Gli sfollamenti obbligati perpetrati in questi mesi da Israele, ben lungi dall’aver messo al riparo la popolazione civile, hanno esacerbato la vulnerabilità delle persone, soprattutto se donne. Mentre si è parlato, e nel limite del possibile documentato con alcune fotografie eloquenti, come gli uomini palestinesi stiano subendo detenzioni arbitrarie e sparizioni forzate; manca una narrazione onesta e non ideologica delle detenzioni arbitrarie, delle molestie e degli stupri subiti dalla donne gazawi, oscurati dai racconti e dalle immagini della violenza agita sulle donne da parte di Hamas il 7 Ottobre, cavalcata e amplificata dalla propaganda israeliana, in alcuni casi anche in assenza di prove (con tanto di articoli sul New York Times, costretto poi a rettificare e ridimensionare un articolo particolarmente problematico perché basato su false argomentazioni poi smentite).
Laddove del resto lo sfollamento non è una strada possibile per anziani o persone malate o con disabilità, è attestato siano le donne a restare in situazioni di pericolo nel ruolo di caregiver (UN Women Regional Office for the Arab States).
Il domicidio in atto, cioè la devastazione deliberata e volontaria di un territorio abitato, delle sue aree residenziali e delle infrastrutture necessarie alla popolazione civile (tra cui ospedali, scuole, presidi alimentari e sanitari), ha determinato l’evidenza che oggi nessun luogo è sicuro a Gaza: non i campi profughi organizzati all’interno della Striscia di Gaza, e neppure le strutture designate dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), costantemente sotto attacco.
In questo contesto, donne e ragazze sfollate sono esposte a condizioni sanitarie e di sicurezza indicibili, con un aumento vertiginoso della violenza di genere, in ambito familiare ed extrafamiliare, legato anche all’impossibilità di molte organizzazione prima attive sul territorio di garantire i livelli minimi di protezione per bambini, bambine, ragazze e donne.
L’estrema povertà, la carenza di cibo, la chiusura delle scuole, avverte del resto UN Women, fa sì che il rischio di soluzioni disperate quali il matrimonio precoce, la tratta e la prostituzione sia concreto, soprattutto considerando l’elevato numero di bambine e ragazze che hanno perso uno o entrambi i genitori.
Specifiche vulnerabilità di genere riguardano del resto l’igiene e la salute mestruale, riproduttiva e ginecologica di ragazze e donne, visto che tutti i servizi di genere sono stati interrotti. A partire dall’attività degli ospedali, con un unico reparto di maternità in funzione fino a inizio anno nel nord di Gaza ma ormai privo di carburante ed elettricità.
In questo panorama di abbandono, le donne in gravidanza e in allattamento sono particolarmente a rischio di malnutrizione, con conseguente aumento dei rischi di mortalità neonatale e/o materna, o altri eventi nefasti legati alla gestazione, al parto e al puerperio.
Allo stesso tempo,
la mancanza di accesso ad acqua, servizi igienico-sanitari e strutture igieniche adeguate per la gestione dell’igiene mestruale, nonché la mancanza di forniture sanitarie e strutture per smaltirli correttamente, incidono sulla dignità delle donne e delle ragazze, nonché sulla loro salute mentale e fisica.
Come già per i bambini, oggi la Striscia di Gaza è tra i luoghi più pericoloso al mondo per essere donna.
Giornalista professionista e responsabile editoriale di Roba da Donne, scrive di questione di genere. Per Einaudi ha scritto il saggio "Libere. Di scegliere se e come avere figli" (2024). È autrice di "Rompere le uova", newsletter ...
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