Il 7 ottobre 2023 l’attacco di Hamas contro Israele ha ucciso circa 1.200 persone, tra cui molte donne e almeno 33 bambini.
Da allora, in circa cinque mesi di bombardamenti da parte di Israele, si stima che nella Striscia di Gaza siamo state uccise circa 9.000 donne, ma secondo i dati di UN Women questa cifra è probabilmente sottostimata e le donne gazawi morte, ma ancora disperse sotto le macerie, sarebbero di più.

63 donne uccise ogni giorno a Gaza

I dati ci dicono anche altre cose, sulle donne di Gaza:

  • Più di 3.000, sono quelle rimaste vedove e quindi sole a gestire la famiglia;
  • oltre 155.000 quelle incinte, di cui almeno 5.500 a termine entro un mese.
  • Per una media al giorno di 63 donne uccise ogni giorno a Gaza,
  • di queste, 37 sono madri di famiglia, i cui figli se non muoiono nei bombardamenti, restano orfani o con una protezione ridotta.

A proposito di bambini, gli ultimi dati del Ministero della Sanità di Gaza, stimano a oltre 30.500 le persone gazawi uccise dopo il 7 Ottobre (Israele ha rivendicato un numero 3 volte superiore), di cui oltre 12.500 sarebbero bambini. Al punto che l’UNICEF ha dichiarato che

la Striscia di Gaza è il luogo più pericoloso al mondo per essere un bambino

Cosa significa essere donne a Gaza

La foto che apre quest’articolo è del 3 marzo 2024 e ritrae Rana Abu Anze con i suoi gemelli di 4 mesi uccisi nel bombardamento israeliano su Rafah, in cui la donna palestinese ha perso anche il marito.

Ma la morte propria o dei propri figli, per quanto sia un’immagine iconica, non è la sola lente di genere con cui si può leggere il genocidio in corso a Gaza.

La fame delle donne

Secondo una raccolta dati UN Women svolta su 120 donne tra l’8 e l’11 febbraio a Gaza:

  • oltre 4 donne su 5 (84%) hanno dichiarato di mangiare metà o meno della metà del cibo che consumavano prima dell’inizio della guerra;
  • e quasi 9 donne su 10 (87%) riferiscono di avere più difficoltà ad accedere al cibo rispetto agli uomini.
  • Nel 95% dei casi sono le madri a restare senza cibo, saltando almeno un pasto per nutrire i propri figli.

In generale è alle donne che è delegato il compito di procurarsi il cibo, sempre più difficile da reperire; al punto che sono sempre di più quelle costrette a scavare in cerca di viveri, anche avariati, sotto le macerie o nei cassonetti, o recuperando carcasse di animali domestici e non. D’altra parte, sono sempre le donne a mangiare per ultime per lasciare il cibo ai figli, ma anche a fratelli più piccoli, mariti e altri membri fragili della famiglia, come genitori e parenti anziani o malati.

Queste rilevazioni di febbraio, del resto, sono ormai superate e, come tutte le ONG internazionali stanno segnalando, inascoltate, l’intera popolazione di Gaza, pari a 2,3 milioni di persone, è affamata e si è oltre i livelli acuti di insicurezza alimentare e carestia.

L’estremo sacrificio per la cura

Gli sfollamenti obbligati perpetrati in questi mesi da Israele, ben lungi dall’aver messo al riparo la popolazione civile, hanno esacerbato la vulnerabilità delle persone, soprattutto se donne. Mentre si è parlato, e nel limite del possibile documentato con alcune fotografie eloquenti, come gli uomini palestinesi stiano subendo detenzioni arbitrarie e sparizioni forzate; manca una narrazione onesta e non ideologica delle detenzioni arbitrarie, delle molestie e degli stupri subiti dalla donne gazawi, oscurati dai racconti e dalle immagini della violenza agita sulle donne da parte di Hamas il 7 Ottobre, cavalcata e amplificata dalla propaganda israeliana, in alcuni casi anche in assenza di prove (con tanto di articoli sul New York Times, costretto poi a rettificare e ridimensionare un articolo particolarmente problematico perché basato su false argomentazioni poi smentite).

Laddove del resto lo sfollamento non è una strada possibile per anziani o persone malate o con disabilità, è attestato siano le donne a restare in situazioni di pericolo nel ruolo di caregiver (UN Women Regional Office for the Arab States).

Il domicidio e la violenza di genere

Il domicidio in atto, cioè la devastazione deliberata e volontaria di un territorio abitato, delle sue aree residenziali e delle infrastrutture necessarie alla popolazione civile (tra cui ospedali, scuole, presidi alimentari e sanitari), ha determinato l’evidenza che oggi nessun luogo è sicuro a Gaza: non i campi profughi organizzati all’interno della Striscia di Gaza, e neppure le strutture designate dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), costantemente sotto attacco.

In questo contesto, donne e ragazze sfollate sono esposte a condizioni sanitarie e di sicurezza indicibili, con un aumento vertiginoso della violenza di genere, in ambito familiare ed extrafamiliare, legato anche all’impossibilità di molte organizzazione prima attive sul territorio di garantire i livelli minimi di protezione per bambini, bambine, ragazze e donne.

L’estrema povertà, la carenza di cibo, la chiusura delle scuole, avverte del resto UN Women, fa sì che il rischio di soluzioni disperate quali il matrimonio precoce, la tratta e la prostituzione sia concreto, soprattutto considerando l’elevato numero di bambine e ragazze che hanno perso uno o entrambi i genitori.

Salute mestruale, ginecologica e riproduttiva

Specifiche vulnerabilità di genere riguardano del resto l’igiene e la salute mestruale, riproduttiva e ginecologica di ragazze e donne, visto che tutti i servizi di genere sono stati interrotti. A partire dall’attività degli ospedali, con un unico reparto di maternità in funzione fino a inizio anno nel nord di Gaza ma ormai privo di carburante ed elettricità.
In questo panorama di abbandono, le donne in gravidanza e in allattamento sono particolarmente a rischio di malnutrizione, con conseguente aumento dei rischi di mortalità neonatale e/o materna, o altri eventi nefasti legati alla gestazione, al parto e al puerperio.

Allo stesso tempo,

la mancanza di accesso ad acqua, servizi igienico-sanitari e strutture igieniche adeguate per la gestione dell’igiene mestruale, nonché la mancanza di forniture sanitarie e strutture per smaltirli correttamente, incidono sulla dignità delle donne e delle ragazze, nonché sulla loro salute mentale e fisica.

Come già per i bambini, oggi la Striscia di Gaza è tra i luoghi più pericoloso al mondo per essere donna.

“Prisma. Spunti per riflettere il presente” è una rubrica nativa social a cura di Ilaria Maria Dondi, che si pone l’obiettivo di uscire dalle polarizzazioni e guardare il mondo da punti di vista diversi per riappropriarci della complessità e delle sfumature. Questo è il contenuto social originale:

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