Caso Alessandra Matteuzzi, il procuratore: "Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare"

Giuseppe Amato ha risposto ad alcune domande intervistato dal Corriere della Sera. Secondo lui non ci sarebbero stati ritardi da parte delle forze dell'ordine, che avrebbero seguito l'iter consueto previsto dall'ordinamento.

È pieno di mazzi di fiori il portico del civico 42 in via dell’Arcoveggio, a Bologna, dove viveva la 57enne Alessandra Matteuzzi, uccisa a colpi di mazza dall’ex compagno Giovanni Padovani martedì 23 agosto 2022. Dopo il femminicidio sono stati numerosi i commenti sui social degli utenti, che non si spiegano come, in seguito a una denuncia per stalking effettuata dalla donna alla fine di luglio, non siano stati presi provvedimenti in grado di tutelare la sua vita. Il procuratore Giuseppe Amato ha risposto ad alcune domande sul Corriere della Sera: “Abbiamo fatto quello che si poteva fare“, le sue parole.

Amato sostiene di non aver nulla da rimproverarsi, sottolineando che la denuncia di Matteuzzi “evocava episodi di stalking semplicemente molesto“:

L’esito infausto nessuno lo poteva, ragionevolmente, prevedere. I fatti ci lasciano sconcertati, ma noi abbiamo fatto tutto con impegno e celerità. La denuncia è stata immediatamente iscritta e assegnata a una collega che, pur essendo in ferie, ha fatto partire gli accertamenti per i riscontri sulla denuncia.

La denuncia in questione era stata presentata il 29 luglio e il rapporto dei carabinieri sarebbe dovuto arrivare il 30 agosto, a distanza di più di un mese. “Era il tempo necessario per ulteriori accertamenti“, ha detto il procuratore. “È stato fissato a fine agosto perché alcune delle persone da interrogare erano in ferie. Noi abbiamo aperto subito il fascicolo e attendevamo il lavoro dei carabinieri“.

Nessun ritardo secondo Amato, quindi, che sottolinea come nel caso di Alessandra Matteuzzi non ci fossero gli estremi
per far scattare un divieto di avvicinamento o una vigilanza sotto casa:

La denuncia era per fatti di molestie da riscontrare. I processi non si fanno sul sentito dire o solo sulle denunce. Non c’era la rappresentazione di una possibile violenza. Il fatto che si è verificato è totalmente sganciato dal fatto denunciato. Se vogliamo fare polemica la facciamo. Poi il giorno che un arrestato viene assolto comincia la polemica di segno opposto. Molti parlano solo, ma noi dobbiamo cercare i riscontri. Se poi nelle more si fossero verificati fatti pericolosi allora era la polizia giudiziaria che doveva intervenire. Molti Soloni dimenticano che i giudizi vanno rapportati alla situazione ex ante. Dopo un omicidio sono tutti bravi a fare i professori.

Ritrovarsi un ex nelle scale di casa, dopo che ha staccato la luce, non era motivo di allarme?“, ha chiesto l’intervistatore ad Amato, che ha dichiarato:

La Procura si muove con richieste di misure cautelari che vanno al Gip. Le nostre richieste devono essere riscontrate. Se poi ci sono situazioni emergenziali è la polizia giudiziaria che deve intervenire e, nel caso, procedere all’arresto. L’ordinamento non si può stravolgere.

Come ha specificato l’intervistatore, c’è chi dice che servono più risorse per essere più celeri:

Non penso ci sia un problema di forze. Forse sarebbe utile lavorare sulla prevenzione. Non si risolve tutto con polizia e magistratura. Bisogna intervenire anche in campo culturale, partendo da scuola e famiglie. Se vogliamo un elemento in più si potrebbe prevedere il braccialetto elettronico come misura autonoma, mentre oggi è una misura accessoria agli arresti domiciliari. Ciò permetterebbe di monitorare meglio soggetti pericolosi. Ma poi servirebbe che lo Stato si impegnasse a trovarli questi benedetti braccialetti elettronici.

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