In ricordo di Roberta Lanzino, stuprata, torturata e uccisa e ancora senza un colpevole

Era il 26 luglio 1988 quando la diciannovenne scompariva. Il corpo è stato ritrovato il giorno successivo con volto tumefatto, jeans e maglietta strappati: la ragazza è stata torturata, violentata e poi uccisa.

È il 26 luglio del 1988 quando Roberta Lanzino saluta i suoi genitori per l’ultima volta, prima di venire brutalmente stuprata e assassinata nel cosentino, dove si trova in vacanza.

Diciannove anni, studentessa universitaria, la ragazza è in viaggio per raggiungere la casa di villeggiatura a Miccisi di San Lucido, a poco meno di 50 minuti da Rende di Cosenza, dove vive con la famiglia. Alla guida del Piaggio ‘Sì’ di suo fratello, Roberta Lanzino apre la strada, seguita in auto dai genitori.

Sono le quattro di pomeriggio quando la ragazza si ferma a fare rifornimento, perdendo di vista la Giulietta dove viaggiano la madre e il padre. Roberta Lanzino probabilmente si perde, chiede indicazioni e poi, secondo la ricostruzione degli inquirenti, incontra i suoi aggressori. I genitori, non trovandola, danno l’allarme e alle 18 iniziano le ricerche, che si concluderanno la mattina dopo quando il cadavere della ragazza viene ritrovato in una scarpata.

Ha la maglietta e il reggiseno arrotolati sul seno, i jeans e la biancheria strappati. Il volto è tumefatto, il collo tranciato da un taglio che parte dal lato sinistro. Sulle gambe, l’addome e le braccia ci sono una trentina di ferite. Qualcuno le ha infilato le spalline appallottolate giù per la gola, probabilmente per attutire le sue urla. Le prove non lasciano dubbi: Roberta Lanzino è stata torturata, violentata e poi uccisa. Un brutale assassinio, avvenuto in un’epoca in cui l’aggravante del femminicidio era ancora lontana dall’essere regolamentata.

Diversi testimoni parlano di una Fiat 131 avvistata mentre seguiva a breve distanza il ‘Sì’ di Roberta. Intanto le indagini si concentrano sui fratelli Giuseppe e Rosario Frangella. Quest’ultimo ha problemi psichiatrici, soffre di schizofrenia da innesto, una patologia legata anche alla sfera sessuale. Due anni prima aveva seminato il panico sgozzando senza motivo venticinque pecore del suo gregge. Ma l’esame del Dna li scagiona, nonostante rimangano molti dubbi, visto che, all’epoca dei fatti, le impronte e le tracce di sangue sono state raccolte in modo molto approssimativo. I genitori, nel frattempo, istituiscono la fondazione Roberta Lanzino, contro la violenza su donne e minori.

Nel 2015 sembra esserci una svolta, con la riapertura del caso per via di un nuovo sospetto che riguarda Luigi Carbone, allevatore calabrese, e Franco Sansone, proprietario di una Fiat 131, Ma ancora una volta il test del Dna scagiona i sospettati. A distanza di trentacinque anni non c’è ancora un colpevole per l’omicidio di una giovane donna la cui vita è stata stroncata ferocemente.

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