"Avere una sorella autistica": Michela Giraud e la vita con Cristina

La comica romana esordisce alla regia con un film biografico in cui spicca anche il rapporto con la sorella autistica, Cristina. "Da adolescente mi vergognavo di lei, poi no: ora io sono molto orgogliosa".

È sicuramente una Michela Giraud diversa, quella che dirige e interpreta Flaminia, film biografico prossimo all’uscita (11 aprile); meno sfrontata del solito, sicuramente più agrodolce, a tratti drammatica pur senza mai perdere la leggerezza del suo mestiere.

Sullo sfondo di una Roma borghese dedita allo snobismo e gretta in certe sfumature la protagonista si prepara al matrimonio contornata da vari personaggi, fra cui spicca la sorellastra Ludovica (interpretata da Rita Abela), trentenne con un disturbo dello spettro autistico appena uscita da una comunità.

Proprio quest’ultimo personaggio sta particolarmente a cuore a Giraud, che nel raccontare del suo esordio alla regia si è aperta anche sul rapporto con la sorella Cristina, che ha proprio un disturbo dello spettro autistico. “Volevo raccontare come ci si possa sentire inadeguati nei confronti della società – ha dichiarato la stand up comedian – Le amiche di Flaminia nel film sono una metafora di quanta cattiveria possa venire fuori nelle relazioni. Ho combattuto per lei. Siamo cresciute in un ambiente dove non c’era tutela del diverso”.

Non ha paura, Michela Giraud, di svelare anche di essersi vergognata, in passato, della sorella.

Le persone con diversità vengono rappresentate come dei personaggi per cui bisogna provare pena oppure come dei geni. Non possono essere soltanto persone? Da piccola ero in imbarazzo in alcune situazioni perché non riuscivo a gestirle. Era un misto tra rabbia e coraggio. Da adolescente mi vergognavo di Cristina, poi no: ora io sono molto orgogliosa di lei.

A pesare, nel giudizio che da piccola aveva sulla sorella, inevitabilmente anche l’influenza degli altri.

Quando hai quattro anni e gli altri bambini ti dicono che non puoi giocare con loro perché tua sorella è così… La mia frase preferita era: perché non ve la prendete con me? Dentro però avevo il cuore a mille. Volevo arrabbiarmi ma non ero all’altezza, non avevo la forza per poter difendere mia sorella e me. Così succede da sempre. L’ho difesa a quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci… Trentasei anni.

È complicato parlarne. Oggi si pensa sempre che le persone raccontino parti della loro vita per sfruttare audience e invece io desideravo narrare una storia senza cercare commiserazione: non voglio che qualcuno creda che mi sto lamentando.

Anche per questo, spiega, ha imparato a usare l’ironia, per mascherare una parte di sé, “Perché non volevo che le persone mi vedessero a 360 gradi. Avevo paura. Mi mascheravo dietro un lato più aggressivo ed energetico. Poi ho detto: va bene, mi lascio andare”.

Oggi riconosce di essere “molto immatura”, per alcune cose, “perché non ho avuto la possibilità di crescere in una maniera lineare”, ma aggiunge anche

A mia sorella devo tutto. Senza di lei non avrei avuto questa voglia, questa fame, questo afflato di vita e mi sarei fatta bastare le cose. Crescere con Cristina mi ha permesso di farmi tante domande.

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