Una cosa è certa: comunque vada, questa edizione numero 70 di Sanremo sarà senz’altro ricordata per le polemiche che l’hanno anticipata, e per il grande dibattito su sessismo e maschilismo che ha scatenato.
Siamo partiti dai (tanti) dietrofront Rai rispetto alla partecipazione di Rula Jebreal per passare all’infelice frase del direttore artistico Amadeus nei confronti di Francesca Sofia Novello, fino al caos scoppiato per la partecipazione del rapper Junior Cally, autore in passato di un brano dal testo a dir poco discutibile. Ma oggi si aggiunge alla già nutrita schiera di diatribe anche quella scoppiata tra Levante e Michela Murgia, con la scrittrice che si è sentita in dovere di rispondere ad alcune affermazioni della cantautrice siciliana, in gara all’Ariston con il brano Tikibombom.
Facciamo chiarezza: domenica Levante rilascia un’intervista all’Huffington Post in cui, fra le altre cose, dice:
Sono anni che mi spendo per le donne, ma non sono a favore delle quote rosa. Non ci è dovuto un posto per forza, non abbiamo un deficit. Io mi conquisto quello che mi merito e se sono al festival mi auguro che sia perché la canzone è bella e io sono brava. È vero che esiste un maschilismo generalizzato, a livello sociale e politico, che passa anche dal linguaggio comune. Bisognerebbe partire da qui.
Ma a Michela Murgia questa affermazione sembra proprio non essere piaciuta, così l’autrice di Accabadora posta sul proprio Instagram alcune storie per rispondere. Il senso del discorso è sostanzialmente che a rendere necessaria l’idea delle quote rosa sia il bisogno di rispondere a discriminazioni, basate sul sistema patriarcale, che non avvengono rispetto al merito, ma al genere stesso.
Quote rosa: "Dove sono le donne?" e la scarsa presenza femminile nei posti che contano
Da anni si parla delle cosiddette quote rosa: in politica, nelle aziende, nella cultura. A che punto siamo veramente?
Alle donne è destinata l’esclusione da determinati posti, specie se di prestigio, o viene richiesto uno “sforzo supplementare” per accedervi proprio in quanto donne, e non perché “più o meno brave” di qualcun altro; e a suffragio di ciò Murgia snocciola alcuni dati: le 7 donne appena rettrici universitarie (su 83), le 4 presenti all’interno del Consiglio Superiore della magistratura (su 24), le due sole donne direttrici di quotidiani nazionali (Il Manifesto e La Nazione).
Per restare nel mondo di Levante, cita anche le 5 donne concorrenti sul palco di Sanremo, dei 32 partecipanti totali, con un interrogativo: “Sarà che le donne sono meno brave a cantare?”.
No, la questione, asserisce Murgia, dipende unicamente dal sesso di nascita: se a un uomo è richiesto appena di essere “bravo” e competente nel proprio mestiere, dalla donna si esige l’eccellenza perché talento e preparazione le siano riconosciuti. Perché il meccanismo che sottende l’assegnazione di determinati ruoli, specie se connessi anche a un certo status sociale, è ancora squisitamente maschilista e improntato a favorire gli uomini rispetto alle donne, cui viene sempre richiesto un surplus di impegno e dimostrazioni.
In fondo, a ben pensarci, se l’unico parametro di valutazione per giudicare l’operato di un professionista, uomo o donna che sia, fosse il merito, non parleremmo neppure di disparità salariale, che invece esiste ed è ancora, purtroppo, realtà in moltissimi settori lavorativi.
Interpretando le parole di Michela Murgia, una donna inserita in un sistema maschilistico può ritrovarsi inconsapevolmente a sostenerlo come, lei ritiene, stia facendo Levante, definita una “donna funzionale” alla perpetuazione del sistema misogino.
D’altra parte, molte donne che da sempre si battono proprio contro questo genere di impostazione culturale non riesco comunque a vedere nelle quote rosa che il “contentino” che una società ancora spiccatamente maschilista ci dà per farci sentire meno discriminate. Perché la verità è che a tutte piacerebbe un mondo in cui di quote rosa non si abbia più bisogno di parlare, e dove per guadagnarsi un posto nel mondo sia sufficiente dimostrare il proprio valore.
Sarebbe il mondo ideale, e così, ahinoi, dobbiamo ancora definirlo, relegandolo al rango delle mere utopie, perché la verità è che in molti campi sembra ancora che le donne debbano compiere le dodici fatiche di Ercole non per essere apprezzate, ma anche solo per essere scelte.
Sfogliate la gallery per leggere tutte le stories con cui Murgia ha risposto alle affermazioni di Levante.
Un buon esempio di confusione
Così Murgia definisce le parole di Levante, spiegando:
Molte donne intendono ancora quote rosa come una pretesa che sostituisce il merito.
Il sistema patriarcale discrimina in base al genere
Ma il sistema patriarcale discrimina in base al genere e non al merito. Le donne cresciute in ambienti misogini non riconoscono la discriminazione finché non le tocca direttamente.
Murgia fornisce alcuni esempi: le poche cantanti a Sanremo
Io ci sono perché me lo sono meritata. Quelle rimaste fuori non lo meritavano abbastanza! Se su 22 cantanti ci sono solo 5 donne questo può avere due spiegazioni
Perché?
O le donne cantano peggio degli uomini, o qualcuno ne è convinto.
I rettori universitari e il Consiglio Superiore della magistratura
Il sistema patriarcale sottovaluta o nega in partenza la competenza delle donne. I rettori universitari in Italia sono 83, solo 7 sono donne. Significa che le donne non sanno fare il rettore? Il consiglio superiore della magistratura ha 24 membri, solo 4 sono donne. Significa che le donne non sanno fare i giudici?
Alle donne è richiesto di essere eccezionali
Solo Il Manifesto e La Nazione hanno una donna a dirigerli. Significa che le donne non sanno fare giornalismo? La riposta è no, significa che viviamo in un paese che sottovaluta le donne o nega il merito alle donne. E quando si tratta di scegliere si prende l’uomo se è capace e la donne se è eccezionale.
La stoccata a Levante
Se vuoi far reggere un sistema misogino in eterno, infila una donna in ogni selezione. Sarà lei a difendere il sistema, dicendo alle altre Io ci sono e sono brava, quindi forse siete voi che non ci avete provato abbastanza. Cara Levante, oggi quella donna funzionale sei stata tu.
Cosa ne pensi?