Geneviéve Makaping in "Maka": essere neri in una società di bianchi

La categoria di razza è stata da decenni spogliata di ogni validità scientifica, eppure milioni di individui vengono discriminati per il colore della loro pelle: un libro e un documentario di un'antropologa nata in Camerun raccontano quanto sia ancora profondamente razzista il nostro Paese.

Geneviéve Makaping è un’antropologa e giornalista camerunense che ha ottenuto la cittadinanza italiana per meriti speciali nel 1999, per volere dell’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.

A lei, arrivata in Italia negli anni Ottanta dopo un rocambolesco viaggio attraverso diversi stati dell’Africa centrale e poi attraverso la Francia, il regista Elia Moutamid ha dedicato il documentario Maka, scritto da Simone Brioni, studioso di letteratura e cinema sulle migrazioni, e ispirato al saggio Traiettorie di sguardi. E se gli altri foste voi?, scritto da Makaping nel 2001 (e riedito nel 2022 da Rubettino Editore).

Il documentario si apre con le immagini del mare e le parole del poeta Virgilio, tratte dal I Libro dell’Eneide (“In pochi a nuoto arrivammo qui sulle vostre spiagge. Ma che razza di uomini è questa? Quale patria permette un costume così barbaro, che ci nega perfino l’ospitalità della sabbia; che ci dichiara guerra e ci vieta di posarci sulla vicina terra. Se non nel genere umano e nella fraternità tra le braccia mortali, credete almeno negli dèi, memori del giusto e dell’ingiusto“) accanto a quelle del 13esimo versetto della 49esima Sura del Corano (“O uomini, vi abbiamo creato da un maschio e una femmina e abbiamo fatto di voi popoli e tribù, affinché vi conosceste a vicenda“); si chiude con la silhouette regale di Geneviéve Makaping affacciata sulle sponde del Mincio, in quella Mantova dove il poeta latino aveva trovato nascita e dove lei insegna lingua e cultura francese.

C’è solo una striscia di mare, d’altronde, a dividerci dall’Africa, a separarci da un Altro da sé così diverso, così oscuro e spaventoso. Tutto un Paese è stato cresciuto con la paura dell’Uomo Nero, con l’iper-sessualizzazione dei corpi neri, con la convinzione, più o meno inconscia, di una superiorità della razza bianca su quella al di là del Mediterraneo.

E sì che la categoria di razza è stata da decenni spogliata di ogni validità scientifica, tanto che nel 1978, la Conferenza Generale dell’UNESCO ha votato all’unanimità e per acclamazione la Dichiarazione sulla razza, in cui si afferma una volta di più come “priva d’ogni fondamento qualunque dottrina che pretende di attribuire alle differenze di razza differenze attitudinali, intellettuali e psichiche e che attribuisce a incroci tra razze diverse effetti in qualche modo negativi dal punto di vista biologico“.

Geneviéve Makaping, nel suo libro e con il suo documentario, ci dimostra come il razzismo in Italia sia ancora vivo e vegeto, e come i pregiudizi etnocentrici siano lontani dall’essere stati superati: partendo dall’osservazione partecipante, metodologia di ogni ricerca etnografica sul campo (secondo l’approccio dell’antropologo polacco Bronisław Malinowski, l’etnografo deve partecipare alle attività della società da studiare, imparare la lingua e le categorizzazioni dei soggetti studiati, rimanendo sul campo per almeno due anni) e mescolando la sua esperienza personale di giornalista afro-italiana, prima in Calabria e poi in Lombardia, con le sue ricerche scoperchia le tante piccole convinzioni, con lo scopo ultimo di svuotare di senso molti degli stereotipi e di riappropriare le parole del loro significato.

Eccola, quindi, rivendicare la sua “negritudine”, mostrando l’ipocrisia di termini come “donna di colore”, negare il valore dell’integrazione e della tolleranza del diverso, nella convinzione di dover far dialogare le differenze e trovare insieme nuove parole che sappiano raccontare cos’è il variegato continente africano e chi sono i suoi abitanti: “Davvero non capisco perché l’altra debba essere sempre io – si chiede e ci chiede alla fine del film – e mi ostino a pensare che le alterità sono almeno due. E voi? Vi siete mai sforzati di essere l’altro?

Maka
Un fotogramma di “Maka”, diretto da Elia Moutamid e prodotto da 5e6

Perché vedere Maka

Ironica e irriverente, Geneviève Makaping in Maka utilizza la propria esperienza per raccontare non solo il suo percorso di emancipazione e di empowerment come donna africana in Italia, ma anche le continue sfide che l’immigrazione pone al nostro Paese, ancora – e forse oggi più di ieri – profondamente razzista: il ricco nord che discrimina il sud e, insieme, tutti i sud del mondo.

La maggioranza bianca viene scrutata dal suo sguardo con la stessa spietatezza a cui è stata sottoposta lei stessa e la minoranza a cui appartiene, descrivendo i continui atti di aggressione razzista che ha subito e offrendo anche la sua prospettiva sulle diverse forme di disuguaglianza, siano esse basate su razza, colore, genere o classe, facendo propri gli studi sul femminismo intersezionale di  Kimberlé Crenshaw e di bell hooks, richiamando più volte il concetto di margine e rimettendo l’accento, una volta di più, su quanto il linguaggio sia anche un luogo di lotta.

Il documentario di Elia Moutamid si pone così come un lavoro imprescindibile sul razzismo e sulla discriminazione e un tassello importante in quell’educazione “all’eliminazione del pregiudizio” che sta alla base del pensiero dell’antropologa, che nel suo saggio ricorda in maniera illuminante: “Oggi parlare di multiculturalismo è di gran moda, come anche di interculturalismo. A mio parere, l’integrazione culturale dovrebbe significare l’acquisizione dinamica di dati culturali altrui, pur rimanendo integri. Non può essere assimilazione che implica la dissoluzione dei dati culturali propri“.

Il primo passo? Mettersi in ascolto, senza provare a spiegare come dovrebbero sentirsi gli altri; consapevoli dei nostri privilegi e disposti a metterci, almeno un attimo, nei panni degli altri.

Scheda del documentario su Geneviéve Makaping

Maka è prodotto da 5 e 6, scritto da Simone Brioni, insegnante di cinema e letteratura della migrazione presso l’Università Statale di New York a Stony Brook, che ha già scritto e co-diretto tre film sulla memoria e l’eredità coloniale italiana e sull’opera di scrittrici italiane postcoloniali: La quarta via (2012), Aulò (2012) e Oltre i bordi (2023).

Dopo essere stato selezionato in diversi festival cinematografici europei tra cui il Brno Film Festival, lo Swedish International Film Festival e il Peloponnesus Documentary Film Festival, Maka sarà presentato in anteprima alla decima edizione del Socially Relevant Film Festival di New York. Geneviéve Makaping in Maka presenta la storia della prima donna nera ad avere ricevuto un dottorato ed essere diventata direttrice di un quotidiano italiano e offre lo spunto per ripensare da una parte il concetto di appartenenza nazionale e dall’altra il modo in cui in Italia viene percepita la pelle nera oggi e negli ultimi quarant’anni. Accanto alla sua esperienza, Elia Moutamid, regista nato in Lombardia da genitori marocchini, affronta il tema dell’identità e interroga il modo in cui cambia la nostra percezione dell’Italia di oggi se vista dalla prospettiva di una donna nera.

Traiettorie di sguardi. E se gli altri foste voi?, il saggio che ha ispirato il documentario, è stato recentemente pubblicato in inglese dalla Rutgers University Press con il titolo What if the Other Were You.

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