Gisèle Pelicot ha parlato per la seconda volta al processo che, ad Avignone, vede imputati suo marito e altri 51 uomini, accusati di averla stuprata per anni nella sua casa.

Pelicot, oggi 71enne, per quasi dieci anni, dal 2011 al 2020, è stata sistematicamente drogata con del Tavor dal marito Dominique, per fare in modo che fosse priva di conoscenza mentre degli uomini, che lui conosceva via chat sul sito Coco.fr, entravano nella loro casa e la abusavano sessualmente.

Ieri, alla seconda testimonianza nel dibattimento iniziato il 2 settembre, e che si chiuderà il prossimo 20 dicembre, Gisèle Pelicot, pur dichiarandosi “distrutta”, ha comunque mostrato una grande forza d’animo, chiedendo che il processo per quelli che sono stati definiti “gli stupri di Mazan” (mostrati in aula grazie ai video che Dominique Pelicot faceva) non si svolgesse a porte chiuse, nonostante la terribile entità dei racconti e delle immagini.

Volevo che tutte le donne vittime di violenze si dicessero ‘Gisèle Pelicot l’ha fatto, possiamo farlo anche noi’. Non voglio più che se ne vergognino. La vergogna non dobbiamo provarla noi, ma loro. Esprimo qui soprattutto la mia volontà e la mia determinazione a cambiare questa società.

Molto crude e dirette anche le parole che Pelicot ha usato nei confronti del marito.

Come hai potuto? Cerco di capire come ha fatto mio marito, l’uomo perfetto, ad arrivare a una cosa così… Questo tradimento è incommensurabile. Cinquant’anni insieme, pensavo di finire i miei giorni con questo tipo… Tu hai toccato il fondo dell’animo umano, purtroppo sei stato tu a scegliere.

Infine, anche un ragionamento, estremamente lucido, sui suoi stupratori.

È proprio come la persona che avevo dentro casa. Perché uno stupratore non è soltanto qualcuno che incontri in un parcheggio buio a tarda notte. Lo puoi trovare anche in famiglia, tra gli amici.

Dominique Pelicot è stato fermato nel settembre del 2020 con l’accusa di aver filmato sotto la gonna di alcune donne al supermercato; la polizia sequestra il suo telefono, il computer e l’hard disk e fa una scoperta agghiacciante: per anni l’uomo ha drogato la moglie, infilando il Tavor perlopiù nel gelato al lampone che le portava la sera, per poi farla stuprare gratuitamente da sconosciuti, che dovevano spogliarsi in cucina, per non svegliarla, e non avere odori troppo forti, come profumi o tabacco.

Pelicot catalogava tutti i suoi filmati: 83 gli stupratori elencati nella chat, solo 51, finora, quelli identificati e arrestati. Tutti uomini definiti “per bene”, proprio come Pelicot, di età compresa tra i 26 e i 74 anni, con professioni diverse, ma tutti accomunati da quella descrizione che fin troppo spesso sentiamo nei casi di violenza di genere e che tende in qualche modo a empatizzare con i carnefici: “gran lavoratore”, “padre di famiglia”, “persona educata”.

Nel computer di Dominique Pelicot sono state trovate anche 728 immagini pedopornografiche e una trattativa su Skype per far stuprare da uno sconosciuto la figlia quindicenne, dopo averla sedata.

Adesso tutti gli imputati nel processo di Avignone possono essere condannati a 30 anni; nel mentre, Gisèle Pelicot ha dovuto affrontare anche le domande della difesa, arrivata persino a insinuare che lei non fosse incosciente ma in qualche modo “complice” del marito.

Non so come mi ricostruirò – ha dichiarato – come mi rialzerò dopo tutto questo. Per fortuna, sono aiutata da uno psichiatra, ma mi serviranno ancora tanti anni. Presto ne avrò 72, e non so se la vita mi basterà per rialzarmi.

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