La gravidanza uccide 500 donne al giorno: metà delle morti materne prevenibili

Secondo il rapporto mondiale "Vite interconnesse, intrecci di speranza: porre fine alle disuguaglianze nella salute e nei diritti sessuali e riproduttivi", circa 500 donne muoiono di parto ogni giorno (quasi 21 ogni ora).

Secondo il rapporto mondiale Vite interconnesse, intrecci di speranza: porre fine alle disuguaglianze nella salute e nei diritti sessuali e riproduttivi, pubblicato dal Fondo dell’Onu per la popolazione (Unfpa) e presentato in collaborazione con Aidos, quasi 21 madri muoiono ogni ora e quasi 500 ogni giorno a causa di complicazioni legate alla gravidanza o al parto.

Massimo Diana, rappresentante dell’Unfpa, sottolinea che oltre la metà di tutte le morti materne prevenibili avvengono in aree colpite dalla guerra. La situazione in Yemen è particolarmente drammatica, con un tasso di mortalità materna stimato in 164 decessi ogni 100.000 nati vivi.

Il rapporto, aggiornato fino all’autunno 2023, ritrae solo parzialmente l’impatto dei conflitti in corso. Non tiene conto dei recenti avvenimenti nel Medio Oriente e nella Striscia di Gaza e non valuta in modo approfondito le conseguenze della guerra civile in Sudan, che ha costretto oltre otto milioni di persone a fuggire dalle proprie case.

“Le donne incinte costrette a migrare affrontano sfide immense, tra cui la mancanza di accesso ai servizi di salute materna e una maggiore esposizione alla violenza di genere. Il viaggio precario e lo stress dello spostamento possono portare a complicazioni durante la gravidanza e il parto, aumentando il rischio di mortalità materna e neonatale”, ha dichiarato Diana.

Negli ultimi 30 anni sono però stati fatti progressi significativi. Le gravidanze indesiderate sono diminuite del 19% tra la Conferenza del Cairo e il 2020, mentre il numero di ragazze madri di età compresa tra i 15 e i 19 anni è diminuito di un terzo dal 2000.

Attualmente, 162 Paesi hanno adottato leggi contro le violenze domestiche e la tendenza alla bocciatura delle norme contro l’omosessualità è in costante aumento. Tuttavia, nuovi dati relativi a 69 Paesi evidenziano che una donna su quattro non può prendere decisioni autonome riguardo alla propria salute e non può rifiutare rapporti sessuali richiesti dal marito o dal partner.

Maria Grazia Panunzi, presidente dell’Associazione italiana donne per lo sviluppo (Aidos), ha sottolineato la persistenza delle disparità e delle disuguaglianze non solo tra i Paesi, ma anche all’interno di essi. “Il luogo di nascita può determinare la vita o la morte”, ha dichiarato, evidenziando come fattori come la residenza in zone rurali o urbane, la presenza di conflitti o la disponibilità di un sistema sanitario adeguato possano avere un impatto significativo sulla salute sessuale e riproduttiva.

Panunzi ha rivolto un appello al governo italiano, che quest’anno presiede il G7, sottolineando che “nessuna donna dovrebbe morire per cause legate alla gravidanza e al parto“.

Anche Elena Ambrosetti, professoressa di Demografia all’Università La Sapienza di Roma, ha evidenziato le molteplici disuguaglianze che ostacolano l’accesso ai servizi di base della salute sessuale e riproduttiva per molte donne nel mondo. Fattori come l’etnia, lo status migratorio, l’istruzione, lo status socioeconomico, la residenza in zone rurali o urbane e lo stato di salute possono influenzare in modo significativo le opportunità di cura e assistenza.

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