Ilaria Salis in catene in aula. L'Italia la riporti a casa subito
La militante antifascista Ilaria Salis è andata a processo a Budapest, dichiarandosi non colpevole: la maestra italiana aveva le catene a mani e piedi in aula.
La militante antifascista Ilaria Salis è andata a processo a Budapest, dichiarandosi non colpevole: la maestra italiana aveva le catene a mani e piedi in aula.
Ilaria Salis, maestra milanese e militante antifascista di 39 anni, è in carcere a Budapest (Ungheria) da quasi un anno con l’accusa di aver aggredito due nazisti l’11 febbraio del 2023 durante la “Giornata dell’onore”, in cui ogni anno si riuniscono a Budapest i nostalgici del Terzo Reich. La donna è stata portata a processo in aula ieri 29 gennaio con i polsi ammanettati e i piedi legati.
A raccontare le condizioni disumane in cui è stata portata in aula di tribunale Ilaria Salis, legata a una guardia con una catena, sono stati i suoi avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini, che hanno dichiarato al Corriere della Sera che la loro cliente ha sempre detto loro di venir trasferita così, ma “vederla ci ha fatto davvero impressione. Era tirata come un cane, con manette attaccate a un cinturone da cui partiva una catena che andava fino ai piedi, con questa guardia che la tirava con una catena di ferro”, hanno spiegato gli avvocati, sottolineando che Ilaria Salis è rimasta incatenata in questo modo per 3 ore e mezza.
I due nazisti che Ilaria Salis, secondo l’accusa, avrebbe aggredito insieme ad altri due militanti antifascisti non erano in aula e non hanno nemmeno sporto denuncia. Secondo l’accusa Ilaria Salis e gli altri imputati farebbero parte di un’organizzazione estremista di sinistra, che avrebbe premeditato delle aggressioni contro i simpatizzanti di estrema destra neonazisti e neofascisti.
La donna si è sempre dichiarata innocente. Nonostante il momento difficile, i suoi avvocati hanno raccontato che la maestra milanese aveva il sorriso, in aula, perché ha potuto rivedere famigliari e amici dopo tanto tempo.
Ilaria Salis, sebbene non ci siano testimoni né prove della presunta aggressione, rischia 11 anni di carcere. “È troppo, una pena spropositata”, ha aggiunto il padre di Salis, Roberto Salis, che da un anno combatte per far tornare la figlia in Italia affinché abbia un giusto processo a casa sua. “Speravo di arrivare qui con una ipotesi più strutturata per la concessione dei domiciliari in Italia a mia figlia, ma c’è qualche disparità tra ciò che viene riferito a me e quello che viene detto ai miei legali da parte del ministero della Giustizia”, ha anche spiegato il manager, sottolineando che c’è un ritardo accumulato in passato, per cui ci sono voluti 53 giorni “per rispondere ad una nostra pec”.
Gli avvocati di Ilaria Salis hanno chiarito che parte degli atti che la riguardano sono solo in ungherese e che la donna non ha neanche potuto vedere i video che, secondo l’accusa, proverebbero la sua partecipazione all’aggressione verso i due nazisti. Per i primi 7 mesi in carcere Ilaria Salis non ha potuto avere contatti con i genitori e versava in codizioni disumane: non le venivano procurati assorbenti, vestiti puliti, carta igenica, sapone e altri beni indispensabili, una situazione gravissima che ha mosso anche Amnesty International, che era presente in aula ieri insieme all’ambasciata italiana.
Il processo aperto ieri è stato subito rinviato al 24 maggio.
Una petizione online e il comitato per la liberazione di Ilaria Salis chiedono che possa avere gli arresti domiciliari in Italia durante il processo, nonostante per i giudici ungheresi debba essere trattenuta in carcere per un presunto “pericolo di fuga”.
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