Cosa fare in caso di incidente nucleare? L'Italia prepara il suo piano in 2 fasi
Vista la grave situazione, l'Italia ha preparato il suo piano per fronteggiare un eventuale incidente nucleare.
Vista la grave situazione, l'Italia ha preparato il suo piano per fronteggiare un eventuale incidente nucleare.
Dopo le notizie sempre più preoccupanti che arrivano dall’Ucraina, con l’esercito russo che un paio di giorni fa avrebbe sganciato delle bombe sull’Istituto di fisica e tecnologia di Kharkiv, che ospita un impianto nucleare, anche l’Italia sta già pensando di correre ai ripari con un piano per gestire eventuali incidenti nucleari.
Il Governo ha quindi aggiornato il “Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari”, trasmettendolo alle Regioni, in cui vengono individuati tre possibili scenari e le conseguenti misure per mettere al riparo la popolazione:
Si considera un incidente a un impianto posto entro 200 km dai confini nazionali, e prevedono misure protettive dirette e indirette della popolazione, come la gestione dei cittadini italiani che rientrano dal Paese incidentato, o delle importazioni di derrate alimentari e altri prodotti contaminati.
Viene considerato un incidente a un impianto in Europa posto oltre 200 km dai confini nazionali, e vengono attuate misure di protezione indirette della popolazione, e altre quali la gestione di cittadini italiani che si trovano nel Paese incidentato o che rientrano da esso, o delle importazioni di derrate alimentari e altri prodotti contaminati.
Questo scenario considera un incidente che avviene in una qualsiasi parte del mondo e prevede l’attuazione di misura per i cittadini che rientrano dal Paese incidentato o di gestione delle importazioni di derrate alimentari e altri prodotti contaminati.
Per un eventuale incidente nucleare a 200 km dai confini nazionali, secondo il documento, consultabile qui, esiste “la necessità di prendere in considerazione, per aree del Nord e Centro-Nord d’Italia più prossime all’impianto interessato dall’ipotetico evento incidentale, a tutela di particolari gruppi di popolazione, quali ad esempio bambini, lattanti, donne in gravidanza ed allattamento, i seguenti provvedimenti da attuarsi nella prima fase dell’emergenza”. Le misure previste sono
Oltre a questo, in via preventiva già nella prima fase dell’emergenza, sarebbe opportuno attuare “provvedimenti restrittivi del consumo degli alimenti e di protezione del patrimonio zootecnico”. Parliamo quindi di
Secondo il documento, occorre fare un distinguo fra le varie fasi di un eventuale incidente.
La prima fase inizia con il verificarsi dell’evento, e si conclude quando il rilascio di sostanze radioattive è terminato. È caratterizzata dal passaggio sul territorio interessato di una nube radioattiva. Le principali vie di esposizione sono l’irradiazione esterna e l’inalazione di aria contaminata. Durante questa prima fase sono necessarie azioni tempestive di contrasto all’evoluzione incidentale, e l’attuazione tempestiva delle misure protettive a tutela della salute pubblica.
La seconda fase è successiva al passaggio della nube radioattiva, ed è caratterizzata dalla deposizione al suolo delle sostanze radioattive e dal loro trasferimento alle matrici ambientali e alimentari. Le principali vie di esposizione sono l’irradiazione diretta dal materiale depositato al suolo, l’inalazione da ri-sospensione e l’ingestione di alimenti contaminati.
Per ridurre l’esposizione a contaminanti radioattivi e i loro effetti, durante la prima fase dell’emergenza possono essere disposte le seguenti misure:
In caso venga adottata la misura di riparo al chiuso le autorità competenti “comunicano tempestivamente alla popolazione il tempo di inizio e la durata della misura di riparo al chiuso; restano in contatto con la popolazione fornendo le informazioni necessarie e i relativi aggiornamenti; istituiscono modalità di contatto informativo per la popolazione (numero verde); forniscono istruzioni specifiche alle scuole; fanno fronte ai bisogni primari della popolazione (cibo, acqua, assistenza sanitaria, energia, ecc.); effettuano il monitoraggio delle dosi per valutarne l’efficacia; coordinano l’impiego delle strutture operative dislocate sul territorio”.
Tra le sostanze radioattive emesse in un incidente nucleare c’è lo Iodio 131, che mette a rischio di carcinoma tiroideo, soprattutto considerando l’età a cui ci si espone allo iodio radioattivo: in particolare, la classe di età 0-17 risulta essere quella a maggior rischio di effetti dannosi, diventando meno importante man mano che si va avanti con l’età fino ad annullarsi ai 40 anni. Ci sono però condizioni, come gravidanza e allattamento, che rendono più radiosensibile la tiroide. La misura della iodioprofilassi è quindi prevista per le classi di età 0-17 anni, 18-40 anni e per le donne in stato di gravidanza e allattamento.
Sulla base delle valutazioni effettuate, spiega comunque il documento, un incidente, anche grazie, in una centrale europea meno prossima al territorio nazionale non necessiterebbe di misure protettive dirette, mentre resta necessario, in relazione alle deposizioni del suolo, valutare degli interventi mirati a protezione della salute pubblica e dell’ambiente.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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