“Non ho parlato e non parlerò”. Queste le parole che ogni giorno Ines Bedeschi ripeteva ai suoi aguzzini fascisti, che l’avevano catturata il 23 febbraio 1945 mentre svolgeva i suoi compiti per la Resistenza.

Ines era nata in una famiglia di agricoltori, trascorreva le sue giornate lavorando la terra fino a quando l’Armistizio di Cassibile cambiò radicalmente la sua vita. Con l’inizio della Resistenza, la sua casa divenne un rifugio sicuro e un punto di riferimento per i partigiani della regione emiliana. Bedeschi si immerse completamente nella lotta contro l’occupazione nazista, diventando staffetta e dimostrando un coraggio e una dedizione straordinari.

La sua casa si trasformò con il tempo in un importante centro logistico per la Resistenza, fungendo da nodo vitale per i partigiani della Romagna, mentre lei percorreva instancabilmente le strade sulla sua bicicletta. Era incaricata di trasportare messaggi e ordini tra il Comitato di Liberazione, i partiti clandestini e i comandi partigiani regionali. La fiducia riposta in lei dai leader della Resistenza era tale che le venivano affidati incarichi delicati e di estrema importanza, che Bedeschi portava a termine con dedizione fino alla soglia della Liberazione.

Tuttavia con il tempo i fascisti cominciarono a tenerla d’occhio e fu costretta a fermarsi, passando a compiti che le assicuravano un più basso profilo. Imparò a battere a macchina, scrivendo messaggi per altre staffette. Ma neanche questo ruolo meno esposto la mise al sicuro. Costretta ad abbandonare la sua casa, Ines si rifugiò nei pressi di Parma e lì continuò a sostenere la Resistenza. Nel febbraio 1945 venne individuata e catturata. 

Nonostante le barbare torture inflitte per ottenere informazioni, Ines (soprannominata “la Bruna”) non cedette mai, mantenendo il silenzio e proteggendo i suoi compagni. Il 28 marzo 1945, dopo settimane di sofferenze e a poche settimane dalla Liberazione, Ines Bedeschi fu fucilata insieme ai partigiani Gavino Cherchi e Alceste Benoldi. Il loro sacrificio avvenne nelle vicinanze di Colorno, in località Mezzano Rondani. I nazisti, nel tentativo di cancellare ogni traccia del loro barbaro atto, gettarono i corpi nel fiume Po.

Nonostante il corpo di Ines non sia mai stato ritrovato, la sua memoria è mantenuta viva da un cippo commemorativo posto vicino al fiume dal comune di Colorno. Questo monumento intende onorare le sue azioni e il suo coraggio, ma serve anche come simbolo della lotta e del sacrificio di tutti coloro che combatterono per la libertà.

A Conselice, in Corso Garibaldi, si trova una lapide in suo onore, il cui testo è stato scritto dalla partigiana e scrittrice Renata Viganò:

“Ines Bedeschi era nel fiore della vita
e tutta intera voleva viverla
invece la dette da partigiana
ad ogni cosa più cara rinunciò che non fosse la lotta
dalle sue valli e monti di Romagna
andò dove era maggiore il bisogno
la presero i nazisti feroci e spaventati
la tortura non strappò dalla sua bocca rotta
neppure un nome di compagno
infuriati i tedeschi la portarono sulla riva del po
ma anche in un giorno di primavera che era fatica morire
Ines Bedeschi non sentì la voglia
di salvarsi col tradimento”

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