Il Tribunale di Trieste ha imposto all’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI), una rivalutazione delle condizioni di Martina Oppelli, da oltre 20 anni affetta da sclerosi multipla secondaria progressiva, dopo che, otto mesi fa, la stessa azienda sanitaria aveva negato la presenza delle condizioni necessarie per accedere alla morte assistita, in particolare rilevando l’assenza del requisito del trattamento di sostegno vitale.

L’ASUGI ha quindi, a partire dal 16 luglio, 30 giorni di tempo per svolgere le verifiche necessarie, altrimenti dovrà pagare 500 euro a Oppelli per ogni giorno di ritardo, oltre alle spese di giudizio.

Martina Oppelli, 49 anni, ha iniziato ad avvertire i primi sintomi della malattia alla fine degli anni ’90, mentre la diagnosi è arrivata nel 2002, quando era appena ventottenne. In quel periodo è stata anche sottoposta a terapia con megadosi di metilprednisolone.

Attualmente, come si legge sul sito dell’associazione Coscioni che ha riportato la sua storia, “la sua condizione è quella di Sclerosi Multipla evoluta con gravissima limitazione motoria con dolori e spasmi diffusi poco controllati dalla terapia che la rendono totalmente dipendente da terzi per la conduzione di ogni attività”.

Il 1° agosto del 2023 Oppelli ha inviato alla propria ASL di competenza, l’ASUGI appunto, la richiesta di verifica delle condizioni per poter accedere alla morte assistita, secondo la sentenza 242/2019, quella, per intenderci, emessa a seguito del procedimento penale contro Marco Cappato che aveva accompagna in Svizzera, proprio per ricevere il suicidio assistito, dj Fabo.

La donna non ha mai ricevuto la relazione dopo le visite effettuate dalla commissione medica disciplinare nell’ottobre del 2023, e solo dopo diversi solleciti la ASUGI, tra novembre 2023 e gennaio 2024, le comunicava di non potere accogliere la sua richiesta perché non in possesso di tutti i requisiti previsti dalla sentenza, ovvero

  • essere tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale.
  • essere affetti da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili.
  • essere pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli.
  • non avere intenzione di avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda.

Nella fattispecie, secondo l’ASUGI non veniva soddisfatto il requisito dei trattamenti di sostegno vitale. Questo nonostante Martina Oppelli sia completamente dipendente dall’assistenza di terze persone, senza le quali non sarebbe in grado di svolgere alcuna funzione quotidiana, assume dosi importanti di farmaci e usa la macchina della tosse, senza cui rischierebbe il soffocamento.

Per questi motivi lo scorso 23 febbraio Oppelli, tramite i suoi legali, in un collegio coordinato da Filomena Gallo e composto anche da Angioletto Calandrini, Francesca Re e Alessia Cicatelli, ha inoltrato una formale lettera di messa in mora e diffida ad adempiere alla ASUGI per una immediata rivalutazione delle sue condizioni di salute, oltre che per l’individuazione del farmaco letale e della metodica di sua autosomministrazione. Richiesta che, ancora una volta, è stata respinta dall’azienda sanitaria.

Si arriva quindi al ricorso d’urgenza depositato, ex art. 700 del Codice Civile, davanti al Tribunale di Trieste, che ha tenuto la prima udienza il 23 maggio, rinviando il tutto al 25 giugno.

Infine, l’accoglimento del ricorso di Martina Oppelli, il 16 luglio 2024, che ha condannato la ASUGI a rivalutare le sue condizioni per verificare se effettivamente sia tenuta in vita da un trattamento di sostegno vitale.

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