Tragedia ad Arzachena, in provincia di Sassari, dove un giovane di appena 16 anni, di nome Matteo, si è tolto la vita dopo aver vissuto segregato e aver subito sevizie da parte dei familiari. I fatti sono avvenuti nella casa della zia materna, “la zia buona” come la chiamava lui stesso, alle cui cure il minore era stato affidato dopo la revoca della potestà genitoriale, e la condanna dei genitori e di un’altra zia per gravi maltrattamenti.

Il ragazzo, del quale non si conosce il cognome, era stato segregato nella sua cameretta dai genitori ma, nel giugno 2019, ad 11 anni, aveva trovato il coraggio di chiedere aiuto ai carabinieri. Attraverso un cellulare senza sim, Matteo aveva raccontato alle forze dell’ordine le torture subite: rinchiuso per punizione, al buio nella sua stanza per ore, senza letto e con un secchio per i bisogni, picchiato con un tubo di plastica, nutrito solo con pane e pasta in bianco e costretto a fare anche 12 docce gelate al giorno d’inverno.

La zia e genitori, che si trovano ora in carcere, avevano ammesso i fatti e sostenuto che le punizioni fossero necessarie per l’educazione del bambino. Nel 2022, con rito abbreviato, i tre erano stati condannati a otto anni di reclusione in quanto responsabili nella stessa misura delle violenze perpetrate ai danni del minore, condanna che era stata confermata in appello e diventata definitiva con il pronunciamento della Cassazione.

Per un periodo, era sembrato che il giovane si stesse riprendendo dai traumi subiti: poi, il ritrovamento del cadavere da parte della “zia buona”. I funerali di Matteo si sono celebrati ieri, lunedì 29 aprile 2024, nella chiesa di San Pantaleo, mentre la salma è stata tumulata nel cimitero di San Giovanni.

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