Il decreto in questione è del 2019 ed era stato emanato da Matteo Salvini, con cui l’allora ministro dell’Interno aveva imposto alle coppie omogenitoriali di identificarsi come “padre” e “madre”. Con quel decreto Salvini ha modificato la dicitura da imprimere sulle carte di identità elettroniche rilasciate ai minorenni.

Due mamme, tuttavia, hanno deciso di portare in tribunale il provvedimento di Salvini, e hanno vinto. Come riporta Repubblica, il tribunale di Roma non ha solo accolto il ricorso della coppia di madri imponendo al Viminale di emettere una nuova carta d’identità per la loro bambina, ma ha anche ordinato di modificare il software che impedisce la trascrizione delle diciture.

Il giudice Francesco Crisafulli si è trovato d’accordo con le due mamme e ha fatto crollare tutte le argomentazioni presentate dal Viminale per tentare di giustificare la legittimità del decreto di Salvini. Vincenzo Miri, presidente della rete di avvocati per i diritti lgbtq+ Lenford, e l’avvocata Federica Tempori, socia di Rete Lenford, hanno spiegato alla stampa che il decreto viola una decina di norme internazionali, tra cui quella che garantisce il rispetto della vita privata e familiare.

Il giudice Crisafulli ha aggiunto che le argomentazioni del Viminale secondo cui il decreto difenderebbe principi “fondamentali e insuperabili” di ordine pubblico non hanno alcun senso, anzi il Viminale si sarebbe reso colpevole del reato di “falso ideologico“. Infatti, leggendo la sentenza, il giudice ha spiegato come “un documento che indichi una delle due donne come padre contiene una rappresentazione alterata, e perciò falsa, della realtà ed integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico“.

Non solo: il giudice ha sottolineato che la falsa rappresentazione del ruolo di una delle due genitrici, in contrasto con la sua identità sessuale e di genere, avrebbe comportato gravi conseguenze “sul rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione“.

Il diritto alla dicitura di “madre” per entrambe è l’unica possibile in quanto, come ha dichiarato il giudice, sono “giuridicamente riconosciute come genitrici della bambina, l’una per esserne anche madre naturale, l’altra per averla adottata“.

A dare notizia del fatto anche l’ex senatrice democratica Monica Cirinnà, che ribadisce su Facebook: “Il decreto voluto da Matteo Salvini quando era Ministro dell’Interno – e, mi dispiace dirlo, mai modificato in seguito nonostante le tante sollecitazioni del Parlamento e le rassicurazioni fornite dai successivi Governi – è illegittimo e non deve essere applicato“.

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