Le giornaliste iraniane Niloofar Hamedi e Elahe Mohammadi sono finite sotto processo dopo aver raccolto informazioni sulle proteste riguardanti la vicenda di Mahsa Amini, la donna iraniana uccisa per non aver indossato il velo nel modo corretto.

La morte di Amini ha sollevato un’ondata incredibile di proteste in tutto il Paese, alle quali il governo ha risposto in modo violento, arrestando e condannando a morte moltissime persone.

Secondo le agenzie di intelligence della Repubblica islamica dell’Iran, Niloofar Hamedi ed Elahe Mohammadi non sono solo agenti della CIA, dell’MI6 e del Mossad, ma anche spie dei sauditi e di “diversi altri paesi”. In realtà si tratta “solo” di due giovani reporter che hanno trascorso ben otto mesi in isolamento e ora affrontano accuse di spionaggio che comportano la pena di morte.

Le accuse contro Hamedi e Mohammadi sono probabilmente solo l’inizio del tentativo del regime di intimidire i protestanti. Entrambe le donne svolgevano il proprio lavoro in modo trasparente e con il permesso del governo.

Molti altri giornalisti iraniani stanno parlando in difesa di Hamedi e Mohammadi. Ciò che i servizi di intelligence “hanno indicato come prova delle loro accuse è l’esatta definizione del dovere professionale dei giornalisti”, ha detto l’Associazione dei giornalisti iraniani.

Lunedi scorso è iniziato il processo per la 35enne Elaheh Mohmmadi. Il giorno seguente è stato il turno della 31enne Niloofar Hamedi. Il processo, ha dichiarato il marito di Niloofar Hamedi, “si è concluso in meno di due ore e i suoi avvocati non hanno avuto la possibilità di difenderla, mentre i suoi familiari non sono stati autorizzati a presentarsi in tribunale”.

I Paesi di tutto il mondo hanno accolto con grande preoccupazione queste notizie arrivate dall’Iran e molti sono convinti che i processi alle due donne siano a tutti gli effetti delle farse che nascondono una decisione già presa da parte del governo iraniano sul futuro delle due giornaliste.

La vicenda di Niloofar Hamedi e Elaheh Mohmmadi

Niloofar Hamedi fu la prima delle due giornaliste a parlare senza peli sulla lingua della morte di Mahsa Amini, avvenuta lo scorso 16 settembre. Il giorno della sua morte, la giornalista pubblicò su Twitter una foto del padre e della nonna della ragazza abbracciati nel corridoio dell’ospedale in cui Amini era ricoverata. A corredo della foto, una frase molto esplicita contro il governo di Teheran:  “l’abito nero del lutto è diventato la nostra bandiera nazionale”.

Poco dopo, il 22 settembre, l’account di Niloofar venne sospeso e la giovane giornalista fu arrestata e messa in isolamento in un carcere di Teheran.

Il 18 settembre anche Elaheh Mohammadi pubblicò un articolo sul funerale di Mahsa Amini, scrivendo una frase che sarebbe poi diventata di uso comune per i manifestanti contro il regime: “Donna, vita, libertà“. Anche a lei toccò la stessa sorte di Niloofar.

Niloofar Hamedi ed Elaheh Mohammadi si sono guadagnate un posto nella prestigiosa lista delle 100 persone più influenti del 2023 stilata da Time Magazine e hanno ricevuto due importanti premi: il “Louis M Lyons Award 2023 per la coscienza e l’integrità nel giornalismo” e il premio “Guillermo Cano per la libertà di stampa mondiale” dall’Unesco.

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