Il report del Forum Diseguaglianze e Diversità ha messo in luce come i contratti a orario ridotto siano stati imposti a più della metà dei part-time effettivi, per lo più a determinate categorie di lavoratori come donne, specialmente madri, persone migranti o con un basso titolo di studio.

Secondo il report tantissimi lavoratori e lavoratrici che avrebbero voluto lavorare a tempo pieno si trovano costretti ad accettare gli orari ridotti come unica possibilità o alternativa, ritrovandosi in una posizione precaria. “Non ho scelto il part-time. Sono inciampata in un part-time”, ha detto una delle donne intervistate dal Forum Diseguaglianze e Diversità nel report dal titolo Da conciliazione a costrizione: il part-time in Italia non è una scelta. Proposte per l’equità di genere e la qualità del lavoro, presentato al Senato.

Avevo chiesto un full-time, ma non mi è stato dato. “Sei fortunata ad avere 4 ore”, mi dicono”, ha continuato la donna.

Il report ha evidenziato che in Italia si trovano in questa situazione più di 2 milioni di lavoratori e di lavoratrici (su 4 milioni).

Il part-time potrebbe essere preferito inizialmente come strumento per conciliare la vita privata e il lavoro, ma come ha sottolineato il report “l’impossibilità di convertirlo in un full-time” ne determina a quel punto l’involontarietà.

Il part-time involontario o imposto è un fenomeno che colpisce soprattutto le donne. Secondo i dati presentati nel report, infatti, il 16,5% delle lavoratrici occupate si trova in una situazione di part-time involontario, contro il 5,6% degli uomini. L’uso dell’orario ridotto, il cui scopo principale è garantire un giusto equilibrio tra vita privata e lavorativa, è diventato in Italia “l’esito involontario di una marginalizzazione del lavoro che colpisce soprattutto le donne”.

L’orario ridotto è infatti la forma di ingresso al lavoro che va per la maggiore nei casi di assunzione delle donne, con 3 aziende su 5 le cui lavoratrici part-time sono quasi esclusivamente o esclusivamente donne.

Questa situazione pesa in Italia, in cui il divario tra occupazione femminile e maschile è di quasi il 20%: secondo i dati Istat del 2022, infatti, le donne impiegate tra i 20 e i 64 anni sono solo il 55%, contro il 74,7% degli uomini, con le donne madri di figli minori di 6 anni più penalizzate rispetto alle donne senza figli.

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