Bambino nasce morto dopo un parto in casa di 30 ore: querelate le ostetriche

"La credenza pericolosa della supremazia del corpo materno su tutto, del parto che è soprattutto questione di crederci davvero e la normalizzazione del dolore delle donne ha mietuto un’altra vittima", le parole di Francesca Bubba sul caso di Rimini.

Dopo 30 ore di parto in casa, una donna ha dato alla luce un bambino morto. Il dramma è successo a novembre del 2022 a Rimini, dove ora il corpo del piccolo Alessandro è stato seppellito, a seguito del nullaosta della procura locale. A chiedere giustizia sono i genitori, 34 anni la donna e 40 l’uomo, che hanno denunciato irregolarità e leggerezze commesse durante il parto dalle due ostetriche private.

Per la difesa dei genitori, si tratta di violenza ostetrica. Secondo la denuncia per omicidio colposo, lesioni colpose e falso ideologico in atto pubblico, presentata dall’avvocato Piero Venturi del Foro di Rimini a difesa dei familiari di Alessandro, le due ostetriche – una 45enne di Faenza e una 27enne di Rimini -“Vanno sospese”.

Quella che inizialmente era stata certificata dall’Ausl come una gravidanza nella norma (salute del feto e della puerpera giudicate nella norma), il cui parto in casa poteva essere portato a termine senza problemi, si è trasformata dopo alcune ore in un incubo. 

Le complicazioni sono infatti giunte durante il travaglio: tra il 3 e il 4 novembre del 2022, quando alla donna si sono rotte le acque, solo una delle due ostetriche è arrivata in casa (oltretutto, due ore dopo la telefonata). La donna è quindi stata tenuta in casa per più di 30 ore, nonostante l’uomo avesse manifestato preoccupazione per la situazione, nonché la richiesta di portarla in ospedale. Le due ostetriche avrebbero però insistito affinché la coppia seguisse i loro consigli e la partoriente rimanesse a casa. Alle 6.30 del 6 novembre, la donna è stata portata in ospedale, ma Alessandro in quel momento era già quasi morto.

La denuncia indica proprio il procrastinare delle due ostetriche come principale causa della morte per soffocamento del bebè, bloccato nel condotto uterino. Diversa la versione delle due, che sostengono di aver agito rispettando le procedure.

Sulla vicenda si è espressa anche Francesca Bubba, attivista della maternità, che in questi giorni ha parlato con i genitori di Alessandro. “Nostro figlio non tornerà mai più, ma questo non deve più ripetersi”, le parole della donna che Bubba ha riportato in un post sul suo profilo Instagram.

L’attivista, commentando il dramma di Rimini, ha cominciato:

C’è molto da dire su questa faccenda dolorosissima. Ostetriche che arrivano in ritardo, resistono alle richieste della coppia di andare in ospedale: “Puoi farcela, noi ci crediamo!” oppure “Ormai è troppo tardi, le colleghe ci darebbero delle incapaci” o, ancora, “Cosa credi, che in ospedale soffri meno?”, dicevano alla donna le professioniste a cui era stata affidata la responsabilità di una vita.

Francesca Bubba, che come ribadisce nelle sue storie vuole diffondere consapevolezza sull’accaduto (purtroppo non un caso isolato) e sul tema generale dei parti in casa gestititi male, ha quindi affermato:

Come si può non vedere in questa tragedia la massima espressione della deriva dei parti in casa gestiti male? Come si fa a non urlarlo, che c’è un’emergenza. Ancora una volta, leggiamo di ostetriche più attente a esercitare con pressione il loro credo estremista, invece che a intercettare situazioni di pericolo in tempo e assecondare le necessità di chi sta partorendo. Perché, a monte, chi rilascia le autorizzazioni al parto in casa, non ha l’obbligo di valutare tecniche e idoneità dell’ostetrica che se ne occuperà, visto che il parto sarà interamente affidato a una sola persona?

Bubba ha quindi concluso:

La credenza pericolosa della supremazia del corpo materno su tutto, del parto che è soprattutto questione di “crederci davvero” e la normalizzazione del dolore delle donne ha mietuto un’altra vittima, e non se ne può davvero più. Non si può partorire così. Non si può morire così. Il parto non deve essere una questione di fortuna.

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