Lucy Letby, infermiera 33enne originaria di Hereford (Inghilterra), è accusata della morte di sette neonati e del tentato omicidio di altri 10. Le accuse risalgono al periodo di 12 mesi, a cavallo tra il 2015 e il 2016, in cui ha prestato servizio presso il Countess of Chester Hospital, nel Cheshiree, e ora la donna è salita sul banco degli imputati per dare la sua versione dei fatti.

“Sono devastata, non ho mai fatto del male a un bambino sotto le mie cure”, ha detto Letby in lacrime davanti alla Corte e ai familiari delle piccole vittime. Ma le accuse che pesano su di lei sono pesantissime e agghiaccianti: l’infermiera avrebbe ucciso sette neonati, il più piccolo aveva solo 24 ore di vita, somministrando iniezioni di insulina, aria o latte.

Durante il processo a suo carico, in cui ha testimoniato il 2 maggio scorso, la 33enne ha respinto ogni accusa, proclamandosi innocente e ha raccontato di essere rimasta traumatizzata dall’arresto:

Quando mi hanno arrestato non potevo crederci, ero disgustata. Non credo che esista un’accusa peggiore di questa. Quando sono stata rimossa dal mio incarico sono arrivata a mettere in discussione anche me stessa, ho pensato più volte al suicidio.

Come si legge sui media britannici, Lucy Letby è stata rimossa dal suo incarico a luglio 2016, dopo che due colleghi, il dottor Ravi Jayaram e il dottor Stephen Brearey, notarono delle coincidenze preoccupanti tra i decessi e i turni di lavoro dell’infermiera. Per l’accusa le morti dei neonati hanno un “denominatore comune”, ossia la presenza della donna: “Sono avvenuti durante i turni di notte quando Letby era di turno e poi quando era al lavoro durante il giorno. Non si tratta di un caso”.

I giudici, inoltre, hanno chiesto spiegazioni sul alcuni appunti rinvenuti nell’appartamento di Letby, e in cui si leggono frasi come “sento di aver sbagliato”, “sono cattiva, l’ho fatto”, ma lei ha replicato dicendo che si trattava solo di un periodo in cui si sentiva incompetente.

Infine, la Corte le ha anche domandato come mai, tra giugno 2015 e giugno 2016, avesse fatto 2.381 ricerche su Facebook sui familiari dei neonati deceduti: “Era normale curiosità. Carcavo sempre amici e genitori dei bambini che avevo curato, ero sempre al telefono”.

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