Chi è l'artista Rama Duwaji, ora prima first lady della Gen Z di New York

Come la moglie di Zohran Mamdani sta riscrivendo il ruolo pubblico delle donne accanto al potere.

“Il suo famoso fidanzato potrebbe essere la cosa meno interessante di lei.”.
Questa frase, pronunciata nel 2020 da Anna Wintour a proposito di Diana Taylor — la compagna di Michael Bloomberg — oggi sembra descrivere perfettamente Rama Duwaji, 28 anni, artista siriano-americana e moglie di Zohran Mamdani, il primo sindaco musulmano della città di New York e il più giovane da un secolo
Solo che, a differenza di molte “first lady” prima di lei, Duwaji non ha alcuna intenzione di occupare un ruolo di supporto decorativo. E la sua discrezione — più che un segno di assenza — è una scelta politica.

Chi è Rama Duwaji, illustratrice e animatrice

Rama Duwaji è un’illustratrice e animatrice siriana che vive e lavora a Brooklyn.
Attraverso il ritratto e il movimento esplora i temi della sorellanza e delle esperienze collettive.
Ha collaborato con testate e brand internazionali come The New Yorker, The Washington Post, BBC, Apple, Spotify, VICE e Tate Modern, e nel 2021 ha tenuto workshop di illustrazione e animazione con It’s Nice That.
Pur lavorando soprattutto in digitale, alterna la tecnologia alla creazione manuale di ceramiche illustrate fatte a mano, che realizza e insegna nei suoi laboratori.

Rama Duwaji, la first lady che non fa la first lady

Nessuna intervista, nessuna copertina glamour, nessuna apparizione a fianco del marito nei dibattiti televisivi: Rama Duwaji è rimasta ai margini della campagna — ma solo in apparenza. Dietro le quinte, ha contribuito a definire l’identità visiva della candidatura: la grafica, i colori, il font che uniscono il giallo della MetroCard, il blu dei Mets e il rosso dei pompieri — una palette che parla di New York più di qualunque slogan elettorale.

Sui social, Duwaji continua a pubblicare solo le sue opere d’arte, illustrate in bianco e nero, dedicate a donne mediorientali, alla Palestina e alla memoria della guerra in Siria.
Nel suo profilo Instagram non c’è traccia del titolo di “moglie del candidato”: la sua biografia professionale resta separata dalla politica del marito, come a rivendicare un’identità autonoma.

“Non potrei essere più orgogliosa”, ha scritto il giorno delle primarie, postando una foto in cui votava per Mamdani. Poi, di nuovo, silenzio.

 

Rama Duwaji e l’arte come gesto politico

Nata a Houston da genitori siriani, cresciuta tra Texas e Dubai, formata alla School of Visual Arts di New York, Duwaji appartiene a quella generazione di artiste che fanno dell’identità diasporica e del corpo femminile arabo il centro di una narrazione visiva emancipata.
Le sue illustrazioni, pubblicate da testate come The Cut, Vogue, BBC e The New Yorker, sono atti di resistenza e di memoria.

“Con così tante persone cacciate via e messe a tacere dalla paura, tutto ciò che posso fare è usare la mia voce per parlare il più possibile di ciò che sta accadendo negli Stati Uniti, in Palestina e in Siria”

Il suo linguaggio artistico non è neutro. È apertamente politico, come lo è la candidatura di Mamdani — figlio dell’economista ugandese-indiano Mahmood Mamdani e della scrittrice Meena Alexander — che unisce il socialismo progressista alla solidarietà con la causa palestinese.
Eppure Duwaji non si limita a “sostenere”: produce contro-immaginari, costruisce un’estetica visiva parallela al discorso politico del marito, ma non subordinata a esso.

Rama Duwaji e la Gen Z che cambia la politica delle immagini

All’indomani della storica elezione di suo marito Zohran Mamdani, Rama Duwaji è diventata la prima first lady della Generazione Z che entrerà nella Gracie Mansion.
Ma, come osserva la professoressa Lisa Burns, esperta di media e comunicazione politica alla Quinnipiac University, Duwaji rappresenta una forma nuova di partnership politica: la moglie non è più la figura che “addolcisce” il potere, ma una presenza che lo reinterpreta attraverso la cultura e il linguaggio visuale.

È un cambio di paradigma che attraversa la politica globale: non più first lady-madri-nazionali, ma donne-autrici, spesso più influenti del partner nel plasmare l’immaginario pubblico.
Duwaji, che sceglie il silenzio delle parole e la voce delle immagini come forma di affermazione.

L’eco di Anna Wintour (e il futuro delle donne accanto al potere)

Nel 2020, parlando di Diana Taylor, Anna Wintour disse al Washington Post:

“Il suo famoso fidanzato potrebbe essere la cosa meno interessante di lei. È intelligente, indipendente e completamente autonoma.”

Cinque anni dopo, quella frase è diventata un manifesto implicito per una nuova generazione di donne che rifiutano di essere “le mogli di”.
Rama Duwaji non è l’ombra del candidato Mamdani: è una costruttrice di linguaggi, un’artista che porta dentro la politica il peso delle identità multiple — musulmana, araba, americana, donna. Il marito di Duwaji, già durante la campagna lo aveva ribadito:

“Rama non è solo mia moglie, è un’artista incredibile che merita di essere conosciuta per quello che è”.

Chi la conosce, del resto, dice che Rama Duwaji sapeva perfettamente a cosa andava incontro: la visibilità, le domande, la curiosità morbosa. E ha scelto una strada diversa: trasformare la distanza in forza. Dietro la calma, però, c’è un pensiero profondo: quello di una donna che sa che la rappresentazione femminile nel potere passa anche dal diritto di non essere disponibile.

Se Mamdani rappresenta la svolta politica, Duwaji rappresenta la rivoluzione simbolica: una first lady che non deve nulla alla tradizione, che parla il linguaggio dell’arte e della giustizia sociale, e che sa che — a volte — il modo più radicale di stare nel mondo è non doversi spiegare, ed essere libera e indipendente.

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