"Non ci siamo mai arrese": la resistenza delle donne afghane sotto i Talebani
In Afghanistan la situazione è ancora critica, ma la resistenza delle donne afghane è ammirevole: non intendono rinunciare ai loro diritti, e lottano per affermarli.
In Afghanistan la situazione è ancora critica, ma la resistenza delle donne afghane è ammirevole: non intendono rinunciare ai loro diritti, e lottano per affermarli.
L’attuale situazione ucraina ha, com’è ovvio, catalizzato l’attenzione internazionale, in parte anche per la vicinanza geografica del conflitto rispetto all’Italia e, in generale, all’Europa, ma ciò non significa che le altre situazioni critiche nel mondo non esistano più.
In Afghanistan, ad esempio, da quando i talebani hanno ripreso possesso della gran parte del Paese, nell’estate del 2021, la situazione della popolazione femminile è regredita praticamente di vent’anni: niente lavoro, niente istruzione, obbligo di tornare a indossare il burqa. Tutti i diritti acquisiti duramente e a fatica dopo il crollo del primo regime talebano sono stati spazzati via in poche settimane.
Eppure, c’è una differenza rispetto a vent’anni fa: proprio in virtù di ciò che hanno avuto in questi anni, ovvero il diritto a studiare e all’indipendenza economica, le donne e, in generale, la generazione afghana più giovane non hanno alcuna intenzione di piegarsi al volere degli estremisti islamici.
Come donne afghane, i nostri corpi hanno sofferto sotto il fondamentalismo, la misoginia, la violenza, il patriarcato e l’occupazione degli Stati Uniti – scrive questa ragazza sul Guardian – Oggi, sotto il governo talebano, l’oppressione e la violenza contro le donne sono solo peggiorate . Le donne che indossano smalto per unghie, tacchi alti o profumo, o che escono di casa senza un compagno maschio, o ridono rumorosamente in pubblico, sono considerate ‘immorali’, così come le donne che si avventurano fuori dalle loro case per lavoro o istruzione. Le donne pagano la colpa di avere dei sogni a causa dei loro corpi; corpi che molte persone credono siano creati solo per soddisfare la concupiscenza degli uomini, e quindi devono essere coperti e nascosti, non decorati e rivelati.
Tuttavia, le cose stanno cominciando a cambiare. Le donne afghane si sono sentite a lungo infelici e sfortunate a causa dei loro corpi, oltre che colpevoli per ciò che era stato detto loro su ciò che i loro corpi provocavano negli uomini. Ora, molti stanno iniziando a rendersi conto che i talebani che seppelliscono le aspirazioni delle donne sotto un burqa offrono in realtà segni della loro debolezza. Hanno paura della nostra bellezza, forza, resilienza e resistenza. Le coraggiose e gloriose proteste delle donne in Afghanistan sono la prova che non saremo più messe a tacere. Continueremo a combattere, resistere e sollevarci contro il fondamentalismo, la disuguaglianza, la violenza e il patriarcato. I talebani non possono ripetere oggi quello che hanno fatto due decenni fa.
C’è una nuova consapevolezza, dunque, nelle donne afghane, una presa di coscienza data dalla libertà che hanno avuto per vent’anni e a cui adesso, giustamente, non vogliono rinunciare.
Così, anche se la situazione resta critica e solo meno di un terzo delle 34 province di cui si compone il Paese ha permesso la riapertura delle scuole femminili o riavviato le classi secondarie, ci sono anche storie di coraggio e determinazione che valgono la pena di essere raccontate. Come quella della scuola di Zabol, sud-est dell’Afghanistan, di cui la preside Parveen Tokhi ha categoricamente rifiutato la chiusura.
Ho detto: ‘Non chiuderò la scuola, anche se qualcuno mi uccidesse per questo, perché le ragazze vengono in hijab e le insegnanti sono donne’.
Il direttore generale dell’istruzione della città, Muhammad Usman Huriyat, ha aggiunto che le donne si sono presentate negli uffici del dipartimento chiedendo a gran voce di continuare a studiare, e sono state accontentate. Come detto, la situazione resta critica, gli insegnanti maschi sono tutti stati licenziati dalle scuole femminili e la gran parte delle ragazze afghane non è riuscita a riprendere gli studi; senza considerare il fatto che, anche laddove l’istruzione è concessa, è perlopiù limitata a settori specifici, come quello dell’istruzione o della salute. La stessa Tokhi ha alla fine perso il suo posto di lavoro, segno tangibile della difficoltà che le donne incontrano ancora adesso per far sentire la propria voce.
Ma le cose stanno comunque cambiando, e il mondo occidentale vuol fare la sua parte, avendo promesso di pagare una parte di stipendio alle insegnanti pur di permettere alle ragazze di continuare a studiare. Seppur tra tante complicazioni, quindi, le donne non intendono subire in silenzio.
Non mi vergogno del mio corpo – ha scritto ancora Nazia [nome di fantasia, ndr.] sul Guardian – Il mio corpo è un simbolo di resistenza contro le forze che vogliono usarlo per controllarmi. Farò in modo che anche mia figlia veda il suo corpo in questo modo. Il suo imene e la verginità non la definiranno. Mi assicurerò che vada in bicicletta, pratichi sport e balli liberamente. Sarà orgogliosa e coraggiosa. In una società eccezionalmente crudele con le donne, i nostri corpi non ci appesantiranno.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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