Si pensa spesso che i calciatori grazie ai loro stipendi milionari siano quasi del tutto esenti da problemi e dalle difficoltà quotidiane che molti di noi si trovano ad affrontare. In realtà non è così, anzi per molti gestire la pressione a cui sono sottoposti può rivelarsi complesso, nonostante molti tendano a nasconderlo. A parlarne apertamente questa volta è uno dei più grandi della storia, il brasiliano Ronaldo.

Sul campo lui era chiamato Il Fenomeno per le sue indubbie doti tecniche, ma nel privato lui ha conosciuto da vicino cosa significhi dover affrontare la depressione. L’ex attaccante ha voluto raccontare quanto questa situazione sia più diffusa di quanto si possa pensare tra i suoi colleghi.

Molti, ovviamente, hanno attraversato momenti terribili, anche di depressione, per mancanza di privacy, mancanza di libertà… La realtà è che non sapevamo nemmeno che esistesse questo tipo di problema – ha raccontato Ronaldo ai microfoni di DAZN, che ha realizzato un docufilm a lui dedicato, dal titolo L’ascesa, la caduta e la redenzione di Ronaldo-. Tra le persone che hanno capito cosa lui stesse provando c’è stato Zinedine Zidane, a cui lui non può che essere riconoscente: “Non avevamo alcun rapporto personale, lui era alla Juve e io all’Inter, ma quando mi sono infortunato è venuto a trovarmi ed è stata una bella sorpresa. Mi ha detto ‘Coraggio, guarisci presto, il calcio ha bisogno di te…'”.

Il brasiliano ha trovato però la forza di chiedere aiuto a un professionista e non può che essere contento della scelta fatta: “Oggi faccio terapia. Sono passati due anni e mezzo e capisco molto meglio anche quello che avevo provato prima”. 

Impossibile per lui non fare un confronto tra quanto accaduto a lui e quello che si trovano ad affrontare i giovani calciatori di oggi: “Vengo da una generazione in cui sei stato gettato nella mischia e dovevi fare del tuo meglio senza la minima possibilità di dramma. Guardo indietro e vedo che sì, siamo stati esposti a uno stress mentale molto, molto grande e senza alcuna preparazione per questo. Anche perché era l’inizio dell’era di Internet, con la velocità con cui viaggiano le informazioni. In questo periodo non c’era alcuna preoccupazione per la salute mentale dei giocatori. Oggi sono preparati molto di più, ricevono le cure mediche necessarie anche per affrontare la giornata e i giocatori vengono studiati di più: i profili di ciascuno, come reagiscono, come dovrebbero reagire… Ai miei tempi non c’era niente di tutto questo” – ha concluso.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!