Venerdì 9 dicembre 2022 è stata eseguita l’autopsia sui resti umani ritrovati in un casolare a Novellara (Reggio Emilia), non molto distante da dove Saman Abbas viveva con la sua famiglia. A indicare la presenza del corpo è stato uno degli zii della ragazza, che avrebbe partecipato all’omicidio insieme ad altri familiari.

L’esame, effettuato presso il laboratorio Labanof dell’Università di Milano, è durato sette ore e serve anche ad avere conferma che si tratti davvero della 18enne pakistana, sparita ad aprile 2021 dopo avere rifiutato un matrimonio combinato con un cugino che vive in patria per volere dei genitori. Da quanto trapela, anche se il riserbo resta massimo, non sono state trovate tracce di sangue, cosa che confermerebbe che la morte sia avvenuta per asfissia, quindi per strangolamento.

Gli anatomopatologici non hanno però intenzione di fermarsi qui, ma hanno in mente di svolgere altri test, utili a chiarire alcuni dubbi: “Non è ancora possibile possibile ad oggi stabilire che ciò che abbiamo visto durante l’autopsia sia riconducibile alla morte di Saman – sono state le parole di Barbara Iannuccelli, avvocato che rappresenta l’associazione Penelope e che si è costituita parte civile, ai giornalisti -. Il corpo di Saman era integro, ma saponificato. Per fortuna però i tessuti consentono degli accertamenti”. 

Sembra essere invece da escludere la presenza di tagli alla gola, di cui si era parlato in un primo momento. “Sarebbe fuorviante definirli tali, tanto più pensare che siano la causa della morte di Saman Abbas – ha detto ancora Iannuccelli -. Non vi è neppure certezza che quello visto possa essere un taglio. Potrebbe essere uno scollamento di tessuto post mortem. A riguardo sono necessari esami istologici che saranno svolti nei prossimi giorni per capire se fossero lesioni irrorate di sangue e quindi risalenti a quando Saman era ancora in vita. Ad oggi, ripeto, nessuno è in grado di dirlo”.

Non sembrano invece esserci grossi dubbi sull’identità del cadavere: “I vestiti trovati sul corpo sembrano essere proprio quelli riconducibili al video che riprendevano Saman davanti a casa nelle sue ultime ore prima della scomparsa. Aveva ancora addosso una cavigliera e un braccialetto di quelli portafortuna colorati, ma anche un paio di orecchini. E una folta chioma di capelli”. 

Già decisa invece la data del processo, che prenderà il via il 10 febbraio 2023 a Reggio Emilia. Gli imputati alla sbarra saranno cinque: lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq (tutti e tre in carcere), il padre Shabbar Abbas (arrestato un mese fa in Pakistan, dove si è in attesa dell’udienza che decida sull’estradizione) e la madre Nazia Shaheen (ancora latitante in patria). Tutti loro sono accusati di omicidio premeditato in concorso, sequestro di persona e soppressione di cadavere.

 

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