É stata eseguita come da programma nella giornata di venerdì 9 dicembre 2022 l’autopsia sui resti umani ritrovati in un casolare a Novellara (Reggio Emilia) e che si presuppone appartengano a Saman Abbas, la 18enne pakistana scomparsa il 30 aprile 2021, uccisa verosimilmente dai suoi familiari dopo che lei aveva rifiutato un matrimonio combinato. Ad accreditare l’ipotesi sono soprattutto due aspetti: il luogo è vicino a dove la giovane viveva e i vestiti sembrano essere gli stessi che lei aveva il giorno in cui si sono perse le sue tracce.

L’esame è durato sette ore ed è stato eseguito presso Labanof, l’istituto di medicina legale dell’Università di Milano. Al momento, però, “non è possibile stabilire che ciò che abbiamo visto durante l’autopsia sia riconducibile alla morte di Saman. Serviranno altri esami”, secondo quanto riferito da Barbara Iannuccelli, l’avvocato che rappresenta l’associazione Penelope come parte civile al processo.

La dinamica dei fatti deve essere ancora chiarita, ma non possono che fare riflettere le parole di Riziero Angeletti, avvocato parte civile Ucoii, secondo cui Saman Abbas sarebbe stata “uccisa con modalità atroci”.

Ulteriori esami saranno comunque effettuati nelle prossime settimane. “I tessuti consentono degli accertamenti – ha detto ancora Iannuccelli ai giornalisti -. Dall’analisi del corpo sono emersi scollamenti e abrasioni che possono essere dettati dall’effetto tappo, essendo stata sotto terra per un anno e mezzo”.

In un primo momento secondo alcune indiscrezioni si era parlato della presenza di un taglio alla gola rinvenuto sul corpo, ipotesi che è stata però smentita almeno per ora dall’avvocato: “Sarebbe fuorviante definirlo tale, e tanto più ricondurlo a causa di morte di Saman. Non vi è neppure certezza che quello visto possa essere un taglio. Potrebbe essere uno scollamento di tessuto post mortem. A riguardo sono necessari esami istologici che saranno svolti nei prossimi giorni per capire se fossero lesioni irrorate di sangue e quindi risalenti a quando Saman era ancora in vita. Ad oggi nessuno è in grado di dirlo”.

La Corte ha ora 60 giorni di tempo, da calcolare dal 23 novembre 2022, per fornire i risultati che saranno poi oggetto del processo. L’appuntamento in aula a Reggio Emilia è fissato per il 10 febbraio 2023. Alla sbarra gli imputati saranno cinque: lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq (tutti e tre in carcere), il padre Shabbar Abbas (arrestato un mese fa in Pakistan, dove si è in attesa dell’udienza che decida sull’estradizione) e la madre Nazia Shaheen (ancora latitante in patria). L’accusa che viene loro rivolta è di omicidio premeditato in concorso, sequestro di persona e soppressione di cadavere.

 

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