E’ incredibile come possano esistere persone che approfittano di altre persone nel momento del bisogno più impellente, che si permettono di decidere sul concedere diritti di base, soddisfare bisogni primari come fame, sete, pulizia, chiedendo in cambio la dignità, e dando solo umiliazione. Che fanno sentire le loro vittime in trappola, quando in trappola ci sono già, fisicamente, senza una possibilità di scelta, rinchiudendole in un circolo vizioso degradante. Sorprende ancora di più se questo tipo di persone fanno parte della Chiesa.

Stiamo parlando di Don Alberto Barin, cappellano del carcere di San Vittore. In servizio dal 1997, è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale su sei detenuti, tutti giovani extracomunitari, e concussione.

Chiedeva prestazioni sessuali in cambio di generi di prima necessità, come spazzolini da denti, sapone, shampoo, piccoli beni per poter sopravvivere meglio in carcere, oppure di “una buona parola”, di pareri sulle condotte, per la scarcerazione. Le violenze si sono svolte nell’arco di cinque anni. Il tutto è partito da una denuncia di un giovane ragazzo, che ha raccontato quanto accaduto con il sacerdote, il che ha spinto gli investigatori, supportati dalla polizia penitenziaria, ad installare microcamere nel suo ufficio, che hanno svelato le turpi azioni dell’uomo. Le sue vittime erano giovani accusati principalmente di piccoli crimini, che raccontano di essere stati costretti a cedere alle profferte del cappellano per estrema necessità dei beni che offriva, perchè erano fondamentali per poter affrontare la difficile vita del carcere. Inoltre, dato il suo parere influente nelle scarcerazioni, era particolarmente temuto. Era impensabile perciò poter anche solo considerare l’idea di rifiutare le avances, in quanto poi il cappellano si rivelava vendicativo ed era in grado di rimandare la scarcerazione o comunque rendere la vita difficile, molto più difficile di quello che già era. Si dice che un solo ragazzo abbia rifiutato i “favori” del sacerdote, e non si è trovato in una situazione facile.

Oltretutto, la tortura continuava anche fuori dal carcere in quanto il sacerdote lasciava anche l’indirizzo della propria residenza, dove invitava i ragazzi a presentarsi per “ringraziarlo” del parere positivo dato per la scarcerazione. Pagavano quindi per la propria libertà.

Ovviamente, ora il sacerdote si trova in carcere e sono in corso accertamenti per trovare altre vittime. La vicenda lascia senza parole. L’abbinamento di Chiesa e violenza sessuale lo è sempre, sebbene ormai casi del genere sono ormai di dominio pubblico. Non costituisce un’attenuante il fatto che questi ragazzi siano maggiorenni, anche se la pedofilia rimane sempre il reato più grave.

Chi commette violenze del genere mette letteralmente in prigione l’anima della propria vittima; una prigione da cui ci si libera con molta fatica, e purtroppo rimarrà sempre una catena a che lega e ricorda quanto successo.

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