"Sesso, cinema e potere – Brainwashed": come Hollywood ci fa il lavaggio del cervello

La regista Nina Menkes analizza la storia del cinema attraverso il voyerismo nei confronti del corpo femminile e dello sfruttamento della sua immagine a uso e consumo di un mercato maschilista, dimostrando il rapporto tra il linguaggio visivo e i crescenti abusi subiti dalle donne dell'industria cinematografica.

Frammenti di corpi femminili osservati dal punto di vista maschile su cui l’obiettivo della macchina da presa indugia, in slow motion, e su cui la luce scende diretta, con un effetto bidimensionale: da La signora di Shangai a Lost in Translation, passando per La finestra sul cortile fino a Bombshell, in 125 ani di storia, il cinema (diretto soprattutto da registi uomini ma anche da diverse donne) non ha fatto che ripetere all’infinto uno schema fisso, figlio del sessismo intrinseco a Hollywood.

Sesso, cinema e potere – Brainwashed, documentario spiazzante quanto esplicativo di Nina Menkes, arriva ora a spiegarlo in tutte le sue sfaccettature anche in Italia grazie a IWonder Pictures che lo distribuisce in streaming (sul canale IWONDERFULL della piattaforma Prime Video e su iwonderfull.it).

A Menkes, regista indipendente con all’attivo svariati lungometraggi acclamati dalla critica (colpevolmente poco conosciuti dalle nostre parti), si deve – sulla scia del sisma che ha sconvolto il mondo del cinema statunitense dopo il caso Weinstein prima e il movimento #MeToo – The Visual Language of Oppression: Harvey Wasn’t Working in a Vacuum (pubblicato su Film Magazine a novembre 2017), in cui delineava come linguaggio visivo di genere, violenza sessuale e discriminazione sul lavoro contro le donne fossero stati fino ad allora indissolubilmente connessi.

L’anno successivo, la conferenza Sex and Power: The Visual Language of Oppression ha portato la sua autrice in una lunga tournée internazionale che nel 2021 è stata trasformata nel lungometraggio Sesso, cinema e potere – Brainwashed, presentato in anteprima al Sundance Film Festival nel 2022.

Attraverso un’analisi attenta di 175 inquadrature di film celeberrimi, Nina Menkes dimostra tutta l’attualità delle teorie femministe sul male gaze e l’urgenza di un cambio di prospettiva. Definizione coniata nel 1975 dalla critica britannica Laura Mulvey, nel suo celebre saggio Visual Pleasure and Narrative Cinema (edito in Italia dal 2013 da Bulzoni con il titolo Cinema e piacere visivo), sta a indicare quello sguardo maschile dominante nei media, imponendo la propria prospettiva sul corpo femminile, che risulta spesso oggettificato e sessualizzato (e quindi spesso frammentato nelle inquadrature), sia perché è quasi sempre un uomo a scegliere come rappresentarlo, sia perché molti prodotti cinematografici vengono concepiti per piacere a un pubblico maschile ed eterosessuale.

Menkes, nell’analizzare gli spezzoni di film, fa notare quanto questo approccio sia così interiorizzato a livello inconscio da tutte e tutti noi, nutriti per anni di prodotti hollywoodiani, che anche quando a girare è una donna il metodo non cambia. Un esempio su tutti? Kathryn Bigelow, prima donna ad aver vinto l’Oscar come miglior regista per The Hurt Locker, un film che parla di uomini in cui dietro le quinte i capi reparto sono tutti uomini.

Bisogna tornare a una pioniera del cinema muto come Alice Guy-Blaché (La Fée aux Choux) o affacciarsi in Europa, ad esempio nella filmografia di Agnès Varda (Il verde prato dell’amore), Emerald Fennell (Una donna promettente) o Céline Sciamma (Ritratto della giovane in fiamme), per trovare una maniera innovativa di raccontare il sesso e la violenza di genere e mettere in scena lo sguardo in modo nuovo.

E a essere del tutto introiettato è anche un certo modo – funesto quanto mai – di considerare l’aggressività sessuale maschile: lo stupro su grande schermo è più che tutelato, avances violente sono presenti in molti più capolavori del cinema di quanto – forse – ci siamo mai accorte. Stracciato il velo di Maya, si vedrà sotto una luce diversa il primo bacio tra Rick Deckard e Rachael, in Blade Runner, o l’amplesso tra Frank Chambers e Cora Smith in Il postino suona sempre due volte.

Dobbiamo spodestarli dall’olimpo dei capolavori che hanno fatto la storia della settima arte? No, diciamo insieme a Nina Menkes e tutte le sue intervistate; solo è tempo ormai di essere consapevoli del lavaggio del cervello (Brainwashed, appunto), che la Hollywood machista ha perpetrato dall’avvento del sonoro a oggi e trovare finalmente non solo nuovi modi di tutelare le attrici sui set e di mostrare i loro corpi, ma anche di inventare nuovi spazi per storie di donne raccontate da donne. È tempo, insomma, che l’abuso e la sopraffazione non siano più normali, malgrado un’estetica codificata nei decenni continui con forza ad affermarlo.

Perché vedere Sesso, cinema e potere – Brainwashed

Ha ragione Domizia De Rosa, presidente della Women in Film Television Media Italia a cui si deve la proiezione su grande schermo che si è tenuta a Roma in collaborazione con I Wonder Pictures, Sesso, cinema e potere – Brainwashed «è un film da vedere in compagnia e di cui parlare perché ci riguarda non solo come professioniste impegnate nell’audiovisivo ma anche come spettatrici e spettatori».

Va visto e va commentato perché c’è un’epidemia in corso, in tutto il mondo, di molestie, aggressioni e discriminazioni contro le donne; perché nel 2023 ancora un personaggio in vista come Luca Barbareschi si sente autorizzato a commentare sulle colonne di Repubblica, intervistato da Arianna Finos: “I miei figli cresciuti nelle università americane non hanno più senso dell’umorismo. Se dico ‘guarda che mignottone’ rispondono ‘no, papà, è una ragazza che soffre'”; perché quello che va cambiato è un sistema di oppressione in cui a fare le regole sono ancora uomini bianchi eterosessuali.

È probabile che non vedremo più i film allo stesso modo, dopo il documentario di Nina Menkes, ma – come scrive nelle note di regia – «il cinema è stregoneria; un modo creativo di interagire con il mondo per riorganizzare la percezione ed espandere la coscienza, sia del pubblico che della mia».

Una scena di “Sesso, potere e cinema – Brainwashed” (Courtesy Press Office)

Scheda del documentario

Nina Menkes, autrice e regista di Sesso, cinema e potere – Brainwashed, analizza 125 anni di storia del cinema visti attraverso il voyerismo nei confronti del corpo femminile e dello sfruttamento della sua immagine a uso e consumo di un mercato maschilista. Con il supporto di 175 frammenti da altrettanti film, teorizza un rapporto diretto tra le immagini e i crescenti abusi subiti dalle donne dell’industria cinematografica.

Tra i film della regista si ricordano tra gli altri The Great Sadness of Zohara, Magdalena Viraga, Queen of Diamonds, The Bloody Child e Phantom Love. Considerata una pioniera del cinema femminista e una delle cineaste indipendenti più importanti d’America, Menkes ha partecipato a numerosi festival cinematografici internazionali, tra cui diverse anteprime al Sundance, la Berlinale, Cannes, Rotterdam, Locarno, Toronto, La Cinematheque Francaise, British Film Institute, Whitney Museum of American Art e MOMA di New York e LACMA di Los Angeles.

Dal 9 Maggio 2023, il documentario Sesso, cinema e potere – Brainwashed è disponibile sul canale IWONDERFULL della piattaforma Prime Video (con un costo aggiuntivo all’abbonamento) e su iwonderfull.it.

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