Quando si parla del movimento femminista e dell’analisi critica della cultura patriarcale non si può non citare Andrea Dworkin, attivista e scrittrice americana. La sua voce è stata spesso fraintesa, attaccata e distorta nel corso degli anni, ma il suo impatto rimane incrollabile, soprattutto alla luce del movimento #MeToo, sviluppatosi dopo la sua morte avvenuta nel 2005.

Il suo lavoro più celebre, Pornography, Men Possessing Women, è un’opera monumentale che scava profondamente nelle viscere dell’industria pornografica occidentale, rivelando un mondo di violenza e disumanizzazione. Per Dworkin, la pornografia non era semplicemente intrattenimento per adulti, ma un meccanismo di controllo e dominio maschile, che perpetuava la violenza e l’oppressione delle donne. “Il consenso non può esistere in un sistema di oppressione”, affermava.

Nei suoi scritti sosteneva già che la pornografia incitasse alla violenza contro le donne e quando fu accusata di censura dovette difendersi in vari saggi. I suoi scritti, infatti, incontrarono sempre diversi ostacoli alla pubblicazione, anche se furono proprio gli Stati Uniti ad approvarne definitivamente la pubblicazione. “Quel Paese di bugie e banalità che ci dice che possiamo parlare di quello che vogliamo”, ha assicurato lei stessa ironicamente.

Dworkin è stata oggetto di critica da parte sia degli uomini che di alcuni settori del movimento femminista, che l’hanno accusata di offrire una visione repressiva della sessualità. Tuttavia, le critiche non hanno mai attenuato la sua determinazione nel portare avanti la sua causa.

Il suo primo libro, L’odio delle donne, pubblicato quando aveva solo 27 anni, gettò le basi per il suo imponente corpus di lavoro. Da quel momento, Dworkin è diventata una presenza costante nel dibattito pubblico, la sua convinzione che la lotta contro la pornografia e la prostituzione fosse fondamentale per la liberazione delle donne ancor oggi divide.

Ha adottato uno stile distintivo, caratterizzato da un linguaggio tagliente e provocatorio. Dworkin stessa ha dichiarato di perseguire l’obiettivo di utilizzare “una prosa più spaventosa dello stupro, più odiosa della tortura, più incalzante e destabilizzante di un pestaggio, più devastante della prostituzione, più invasiva dell’incesto, più carica di minacce e aggressioni della pornografia”. L’editorialista Moira Donegan ha descritto il suo stile come “stridente, irato, con conclusioni spesso spietate, espresse senza mezzi termini e difficile da leggere”. L’amica Gloria Steinem l’ha invede definita “una profetessa dell’Antico Testamento che avvertiva sempre cosa sarebbe successo”.

Il movimento #MeToo ha portato alla luce l’oscurità della violenza sessuale, ma è stata la voce di Dworkin a predire e denunciare le radici di questa oscurità anni prima che diventasse un fenomeno globale. “Aveva più ragione di quanto pensasse”, ha dichiarato la dottoressa Gail Dines, una figura prominente nella lotta contro l’industria pornografica.

La critica femminista Julie Bindel ha dichiarato che se solo avessimo ascoltato di più Dworkin e preso sul serio il suo lavoro, più donne avrebbero abbracciato un femminismo intransigente anziché il femminismo “sorridente e divertente” che spesso, dice, permea la cultura popolare.

Dworkin si alleò inoltre con la giurista femminista Catherine MacKinnon per combattere la pornografia attraverso l’azione legale. La loro proposta di legge, che considerava la pornografia una forma di discriminazione sessuale, fu un tentativo di portare giustizia alle donne vittime di questa industria. Tuttavia, l’industria pornografica esercitò il suo potere e la legge fu abrogata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti.

La morte di Andrea Dworkin a soli 58 anni ha lasciato un vuoto immenso, ma le sue idee continuano a ispirare molti attivisti. Lo scrittore Michael Moorcock ha sostenuto che il femminismo sia stato il movimento politico più significativo e ha sottolineato l’importanza vitale della figura di Dworkin. “Molti credono che Andrea nutrisse odio verso gli uomini. Viene spesso etichettata come fascista e nazista, soprattutto da parte degli americani di sinistra. Tuttavia, il suo lavoro non suggerisce affatto simili ideologie. In realtà, possedeva un eloquio straordinario, un’arte che aveva il potere di mobilitare le persone”.

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