"Un altro domani", le voci delle vittime e degli autori di violenza di genere

Qual è il primo seme della violenza? Come si può riconoscere? Come si può prevenire? Il docufilm di Silvio Soldini e Cristiana Mainardi prova a comporre un affresco che raccolga le testimonianze di tutti i soggetti coinvolti, dalle vittime ai carnefici, dagli orfani fino a magistrati, poliziotti, psicologi e criminologi.

Non è un affare di famiglia: la violenza di genere, dai reati sentinella, come molestie e stalking, percosse o lesioni, fino al femminicidio (o figlicidio), pur compiendosi in larga parte tra le pareti domestiche, riguarda l’intera società, correlata strettamente come è al sistema patriarcale in cui trova nutrimento.

Anche per questo, parlarne – e tanto – può essere utile a scardinare alcuni stereotipi e pregiudizi deleteri: Un altro domani – Indagine sulla violenza nelle relazioni affettive, di Silvio Soldini e Cristiana Mainardi, apporta dunque non solo ulteriori punti di vista, includendo le voci dei carnefici accanto a quelle delle vittime, ma fa il punto sulle misure per la lotta di un fenomeno dai dati aberranti.

Qualche numero? Il docufilm riporta che dall’agosto 2021 al luglio 2022 in Italia sono stati commessi 125 femminicidi.

A evidenziarne la drammaticità era già arrivato nel 2021 un report di Astraricerche, presentato in Senato in occasione dell’evento Tutti i volti della violenza (promosso da Rete Antiviolenza del Comune di Milano e Gilead Sciences Italia e con la senatrice Urania Papatheu): 1 italiano su 4 pensa che non si possa davvero considerare una forma di violenza “commentare un abuso fisico subito da una donna affermando che è meno grave perché gli atteggiamenti di lei, il suo abbigliamento o aspetto comunicavano che era ‘disponibile'”: a pensarlo sono in maggioranza gli uomini (30%), ma anche la percentuale delle donne è significativa (20%).

Circa 3 persone su 10 non considerano violenza “dare uno schiaffo alla partner se lei ha flirtato con un altro”; tra le donne, ne è convinto il 20%, mentre la percentuale sale al 40% per gli uomini. Una questione culturale, sottolineava la ricerca, non solo appannaggio degli uomini, ma che riguarda anche le donne, in un’Italia patriarcale dove le disposizioni sul delitto d’onore sono state abrogate solo nel 1981.

Un Paese tribale, insomma, dove non stupisce – malgrado il raccapriccio – che siano così tanti gli uomini intervistati da Soldini e da Mainardi ad ammettere la loro inconsapevolezza di fronte al reato commesso: partner gelosi, corteggiatori insistenti, mariti violenti che prima della condanna e della presa in carico da parte del Centro Italiano per la Promozione e la Mediazione (CIPM) non si sono mai considerati come dei carnefici.

«Proviamo ad affrontare queste difficoltà trovando le parole più adatte ad accendere il pensiero, spesso abbiamo di fronte persone che a loro volta hanno subito violenza o vi hanno assistito quando erano piccoli», spiega Francesca Garbarino, Vicepresidente CIPM, intervistata nel docufilm insieme al Presidente, Paolo Giulini.

D’altronde il 70% dei femminicidi è preceduto da botte e aggressioni per questo è stato così importante l’introduzione prima dell’ammonimento e poi del Protocollo Zeus, ideato da Alessandra Simone, avvocata e questore, da sempre attenta alla prevenzione. La Divisione anticrimine della questura di Milano, nel 2018, ha sottoscritto con il Centro italiano per la promozione e la mediazione (Cipm), un protocollo con lo scopo di intercettare le condotte a rischio.

“Il nome del progetto evoca il primo maltrattante (noto) della storia, la cui modalità di dominio e verticalismo nelle relazioni costituisce un monito da cogliere: perché gli Zeus in erba non si trasformino in despoti è necessario troncare sul nascere il loro agire inadeguato e violento. Il trattamento è volto al miglioramento della gestione delle emozioni, nella convinzione che intervenire all’inizio della spirale della violenza è determinante per prevenire la degenerazione dei primi atti, affinché colui che li ha commessi possa fermarsi prima”, come si legge sul sito della Polizia di Stato.

Accordi simili, sul modello del Protocollo Zeus, sono stati sottoscritti da altre questure, per esempio, con il CAM, Centro di Ascolto Maltrattanti, Onlus che, tra le altre cose, fornisce anche consulenza telefonica gratuita, riservata e confidenziale, per dare agli uomini informazioni e riferimenti per aiutarli a fare qualcosa per fermare il loro comportamento violento. Molti altri i centri che offrono gratuitamente percorsi terapeutici per aiutare gli autori dei maltrattamenti ad acquisire la consapevolezza di tenere condotte violente e a gestire i propri impulsi.

Al magistrato Fabio Roia, convocato in audizione nella Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Femminicidio e su ogni forma di Violenza di Genere, istituita dal Senato nel 2017 (la relazione finale risale al 2018), il compito, tra gli altri, di spiegare, durante Un altro domani, come dopo una prima denuncia da parte di una donna segua spesso una minimizzazione dei fatti o una ritrattazione da parte della donna: secondo il “ciclo della violenza”, infatti, se la vittima viene risentita nella fase della cosiddetta “luna di miele” è possibile che, credendo alla voglia di cambiare dell’uomo violento, possa essere tentata di ritirare la denuncia, o per lo meno di minimizzare i fatti. Per questo è necessaria una competenza specifica non solo giuridica.

Tra le testimonianze raccolte, quelle di Giovanna Zizzo, a cui il marito ha ucciso con un coltello la figlia adolescente, e di Vera Squatrito, la cui figlia Giordana è stata uccisa dall’ex compagno con 48 coltellate, dopo anni di violenze verbali e psicologiche.

Non a caso, un’analisi del 2018, svolta dal Ministero di Giustizia sulle sentenze di femminicidio, ha evidenziato un profilo “primitivo” circa le modalità dell’omicidio. Si legge: “Non siamo solo in presenza di esecuzioni rapide con arma da fuoco, ma di veri e propri ammazzamenti a seguito di colluttazioni corpo-a-corpo in cui l’uomo sfoga una rabbia inaudita. L’arma prevalentemente utilizzata è il coltello, che richiama all’ambito domestico, all’uso del mezzo che si trova più a portata di mano nel momento del raptus“.

Terminologia fuorviante quella di raptus, avverte Carlotta Vagnoli nel suo ebook Poverine. Come non si racconta il femminicidio: “…basta con l’utilizzo di parole come raptus, eccesso di gelosia, amore, troppo amore, passione, nella descrizione dei femminicidi. La romanticizzazione è la più pericolosa delle derive che un articolo possa prendere quando si trattano i temi della violenza di genere. Come abbiamo visto non è l’amore a determinare l’atto finale”.

Una comunicazione fuorviante che già nella scelta delle parole trova attenuanti, quando la vittima, invece, va protetta con tempestività e la necessaria sensibilità sin dalle prime avvisaglie, perché dentro a quelle mura casalinghe, dietro quelle finestre chiuse su cui così insistentemente indugia la macchina da presa di Soldini, possono avvenire dei soprusi a danno delle donne molto più spesso di quello che si immagina; abusi che, malgrado la relazione affettiva che di frequente lega vittima e carnefice, riguardano l’intero Paese. Anche per questo è così urgente e necessario che dal tour di Un altro domani scaturisca un dibattito capace di far breccia nell’opinione pubblica.

Un altro domani
Dettaglio della locandina di “Un altro domani”, diretto da Silvio Soldini

Scheda del docufilm sulla violenza di genere

Diretto da Silvio Soldini, Un altro domani – Indagine sulla violenza nelle relazioni affettive è un docufilm scritto dal regista insieme a Cristiana Mainardi.

Durante gli oltre 100 minuti, l’indagine affronta la violenza di genere componendo un grande affresco umano, fatto di testimonianze degli autori di violenza, delle vittime di maltrattamenti e stalking, degli orfani di femminicidio e di tutti coloro che ogni giorno si occupano del problema: Polizia di Stato, magistrati, avvocati, centri antiviolenza, psicologi e criminologi che seguono percorsi trattamentali per uomini.

La fotografia è di Sabina Bologna, il montaggio di Giorgio Garini e la musica di Mauro Pagani.

Un altro domani è in tour nei cinema italiani, prodotto da Lumière, dal 10 maggio 2023.

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