È stato condannato in questi giorni, a 10 anni di carcere e una provvisionale di 80mila euro di risarcimento, un 27enne che nel 2021 ha violentato una bambina di 11 anni, che è rimasta incinta, a Busto Arsizio, in provincia di Varese.

L’orrore, come riporta la Prealpina, risale alla fine dell’estate del 2021. La bambina, che giocava nel cortile delle case popolari in cui viveva con i genitori, è stata avvicinata dal 27enne, suo vicino di casa e amico dei suoi genitori, che l’ha convinta a seguirlo in un locale più isolato del caseggiato popolare, e ha abusato di lei per due volte. Da quel momento la bambina ha evitato di incontrare altre volte il 27enne.

Poi, a dicembre, i genitori hanno portato di corsa l’11enne in ospedale per dei dolori sospetti alla pancia, dove hanno scoperto la verità, difficile da credere anche per i medici: la bambina era incinta. I dottori hanno immediatamente chiamato i carabinieri di Busto Arsizio, che in audizione protetta hanno ascoltato il racconto della bambina, che ha così spiegato l’accaduto per la prima volta anche ai genitori.

A luglio del 2022 è stato effettuato il parto cesareo, perché una bambina di 11 anni non potrebbe gestire un parto naturale in così giovane età. Il bambino è stato dato in affidamento e il Tribunale dei minori si sta occupando di lui.

Il test del DNA ha poi confermato che il figlio era del vicino di casa 27enne della bambina, che è stato arrestato e si trova attualmente in carcere.

La bambina, che è parte civile nel processo con la sua avvocata Erminia Viganò, nominata dall’amministratrice di sostegno Katia Broggini, adesso si trova in comunità per affrontare un percorso psicologico che la aiuti a superare il contesto della violenza e ha incontri programmati con i genitori, ma per ora non può tornare a vivere nella casa familiare.

Per il 27enne la gup Veronica Giacoia ha stabilito una pena superiore alla richiesta della procura.

Difeso dall’avvocato William Tenace l’imputato, durante il processo, ha preso la parola per dire “mi dispiace”. Una volta depositate le motivazioni della sentenza, non è da escludere che l’uomo chieda al legale di ricorrere in appello.

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