"Il corpo non è ancora stato trovato": il racconto della figlia di Stanley Smagala, morto nelle Torri Gemelle

A distanza di 22 anni dall’attentato alle Torri Gemelle, parla Alexa Smagala, la figlia di un vigile del fuoco il cui corpo non è ancora stato ritrovato.

Non ho mai conosciuto mio padre, e lui non ha mai conosciuto me”, inizia così il racconto di Alexa Smagala, figlia di Stanley Smagala, uno dei pompieri morti l’11 settembre 2001 a New York, nel tentativo di soccorrere le vittime dell’attentato alle Torri Gemelle. La giovane fa parte dei 105 bambini che erano ancora nel grembo materno quando i loro padri persero la vita quel giorno.

Sono cresciuta pensando a lui ogni giorno. Papà era un pompiere, è morto da eroe nelle Torri Gemelle, ma il suo corpo non è ancora stato trovato”, continua nell’intervista a TGcom24. Sono più di mille, infatti, le vittime degli attentati di quel giorno delle quali ancora non è stato trovato il corpo. “Il suo sacrificio, e quello di tanti vigili del fuoco e poliziotti morti come lui, non deve essere dimenticato”, dice Alexa Smagala.

Quando ero bambina chiedevo sempre a mamma perché non andavamo mai al cimitero da papà. Mi spiegava che lui era in cielo, ho smesso di chiederlo. Quando mio padre è morto, mamma era incinta. Sono nata il 9 gennaio del 2002, quattro mesi dopo la sua morte. Sono cresciuta con mamma a Long Island, New York. Per mamma non è stato facile affrontare quello che ha vissuto e crescermi da sola.

Oggi, Smagala ha 21 anni, e studia logopedia all’Università della Florida Centrale. Ogni anno, torna a New York, sul luogo del disastro e poi nella caserma dove suo padre lavorava. “C’è ancora il suo armadietto”, dice.

Non doveva lavorare, ha cambiato turno perché mamma doveva fare una ecografia il giorno dopo e non voleva che andasse da sola. Papà era in caserma quando arrivò la chiamata che dovevano correre a evacuare i grattacieli. È entrato nella Torre 2, probabilmente sapendo che non ne sarebbero mai usciti. È arrivato al 40esimo piano e il grattacielo è crollato. Mamma iniziò a ricevere messaggi e telefonate di amici e parenti. Le dicevano: ‘Guarda la tv’. Per tutto il giorno ha sperato di vederlo tornare a casa. Alla fine, ha capito che era morto.

Stanley Smagala aveva 36 anni quando perse la vita. Era il più giovane di sette fratelli, e amava il golf, il softball e il ping-pong. “Era anche molto premuroso con le persone. Mamma ama dirmi che papà è morto come ha vissuto: aiutando gli altri”, aggiunge la figlia. Stanley Smagala non sapeva di aspettare una bambina.

Quella sera papà ha trovato la tavola apparecchiata per tre. Le ha chiesto: ‘Aspettiamo qualcuno?’. Mamma gli ha dato un bavaglino con scritto: I love you daddy, ti amo papà. Erano così felici che lui non ha mai voluto sapere se sarei stata un maschietto o una femminuccia. Purtroppo, non ha avuto la possibilità di scoprirlo.

Poi, la donna continua, parlando della difficoltà di crescere senza un papà, dal non poter condividere i successi a scuola, al non averlo vicino nelle piccole incombenze quotidiane.

Ma ho sempre avuto la sensazione che lui mi fosse vicino, in ogni momento. Il giorno in cui mi sono diplomata, una farfalla si è poggiata su una mia gamba. Ho pensato: lui è qui. Quello che è successo mi ha fatto diventare la persona che sono oggi. Mi ha resa più forte (…) Quello che è successo l’11 settembre del 2001 ha cambiato il mondo, ma non è servito a insegnare agli uomini quanto orribili siano gli attentati e le guerre.

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