Anna Paparatti, "La pitturessa": come essere madre e artista allo stesso tempo

Fabiana Sargentini racconta la vita e le opere di sua madre, pittrice e protagonista della vita artistica romana tra gli anni Sessanta e Settanta, divisa tra i suoi doveri di genitore e la sua esigenza di dare sfogo alla propria creatività.

Se non ci fosse stata una mostra alla Galleria Eddart, a Roma, e se Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, non ci fosse andata, forse il nome di Anna Paparatti sarebbe rimasto misconosciuto ancora a lungo. E sì che è stata una delle protagoniste indiscusse della scena artistica capitolina degli anni Sessanta e Settanta, che gravitava intorno alla galleria L’Attico di Fabio Sargentini, a cui è legato il nome di artisti come Sol Lewitt, Luigi Ontani e Jannis Kounellis.

Ora, dopo un libro scritto di suo pugno, Arte-Vita a Roma negli anni ’60 e ’70 (edito nel 2015 da De Luca Editori d’Arte) – gustosissimo e zeppo di informazioni preziose per chi volesse immergersi nell’atmosfera della città di quel periodo, ma anche di stralci preziosi di scene di vita quotidiana a Reggio Calabria, dove Paparatti nasce nel 1936 e da cui fugge giovanissima, per studiare prima nella Capitale e poi a Parigi – arriva anche La pitturessa, film documentario scritto e diretto da sua figlia, Fabiana Sargentini.

Si scopre così che Paparatti ha collaborato in prima persona a trasformare L’Attico in uno degli spazi più all’avanguardia del Paese, dando vita, con la sua grafia unica, a inviti, locandine e manifesti. E per il resto, ha trascorso l’esistenza a dipingere.

Ho dipinto tanto, ho esposto poco e non ho venduto niente”, dice ridendo in un video disponibile su youtube in cui chiacchiera con la stilista di Dior nei giorni in cui insieme allestiscono la sfilata per la collezione Primavera-Estate 2022, ispirata a una serie di quadri dipinti negli anni Sessanta, la Pop Oca, Il Grande Gioco, Il gioco del nonsense.

Donna, bella, divisa tra il ruolo di artista, di compagna e di madre, viene presa poco sul serio dalla critica di quegli anni, che la apprezza ma non le fa mai davvero spiccare il volo da sola. Lei, intanto, prosegue la sua vita anticonformista e libera, tra Roma e l’India, dove si reca ogni anno con Fabio e Fabiana, ancora piccola, alla ricerca di musicisti tradizionali, artisti, stoffe e gioielli. Scopre la meditazione e l’induismo, quando ancora non erano discipline e religioni alla moda; ritorna a casa con caftani e idoli buddhisti. Durante il soggiorno di Judith Malina e Julian Beck a Velletri, in una villa fuori Roma, inizia a recitare e a vivere insieme al Living Theatre, celeberrima compagnia di teatro sperimentale.

Nel suo appartamentino bohémien a due passi da Piazza del Popolo, non ha mai fatto mancare un piatto di pasta alla cricca di artisti suoi amici che da lì a poco sarebbero diventati tra i pittori italiani più quotati. Nella sua casa di oggi, affacciata sul Tevere, non fa mancare a nessuno dei visitatori una tazza di tè speziato e bollente, felice di poter ripercorrere gli anni in cui improvvisava performance per le strade con l’amico Pino Pascali, considerato oggi il maggior rappresentante dell’Arte Povera, o quando, alla morte di lui (in seguito a un incidente in motocicletta, nel 1968), aveva allestito un funerale laico con petali di rose lanciati al passaggio del feretro.

Se da ragazza assomigliava a una delle indossatrici che hanno sfilato per Dior sulla passerella costruita sul suo Grande Gioco (dove una delle caselle recita, ironicamente “Chi arriva qui ricomincia da capo, se può“), ora, vicina ai 90 anni, non ha perso in fascino, coi suoi lunghi capelli bianchi, i caftani a fiori e gli occhi verdi bistrati di nero ancora vivaci e impertinenti, per nulla disposti a scendere a compromessi.

Sono così belli, perché privarsene?“, dice tra sé e sé sistemando i 107 pennarelli che ha comprato malgrado la contrarietà di sua figlia, in una delle scene finali del docu-film. Già; perché privarsi di qualcosa se ci piace e desideriamo averlo?

La pitturessa
Anna Paparatti in un momento del documentario “La pitturessa” (Courtesy Press Office)

Perché vedere La pitturessa

Fabiana Sargentini non è l’unica a cercare di far ordine nel proprio passato aiutata da una telecamera. Negli stessi giorni in cui alla Festa del Cinema di Roma 2023 è stato presentato il suo La pitturessa, è stato proiettato anche Grandmother’s Footsteps, di Lola Peploe. Anche la filmmaker francese discende da una famiglia di artisti: suo padre Mark è uno sceneggiatore e regista britannico, sua zia Clare, sceneggiatrice, era la moglie di Bernardo Bertolucci, sua nonna, Clotilde Brewster Peploe, detta Cloclo, era una pittrice, figlia di un americano nato in Europa e di Elizabeth Hildebrand, pittrice tedesca nata a Firenze, quinta figlia dello scultore Adolph Hildebrand: melieu artistico e cosmopolita anche per lei, dunque.

Sargentini, però, sembra scegliere la strada del documentario soprattutto per riappacificarsi con la figura di sua madre, per fare i conti con la propria necessità di normalità (“I miei genitori erano strani“, dice in un passaggio del docufilm mentre sul grande schermo campeggia uno splendido scatto di lei bambina coi suoi, immortalati in abito adamitico da Claudio Abate nel 1972) e per mettere a tacere il senso di colpa atavico di aver impedito a sua madre, con la sua nascita, di affermarsi come pittrice riconosciuta.

Peploe, invece, parte per la Grecia – ai piedi le scarpe di sua nonna a lungo conservate in una scatola – incinta, per cercare nelle case dove ha vissuto e dipinto tracce della sua antenata, anche lei divisa tra arte e vita, e per capire se sia possibile e in che termini essere allo stesso tempo madre e artista.

Due documentari molto diversi tra di loro per stile e tono, ma accomunati dal grande assillo di molte donne su quanto dia e quanto tolga la maternità, soprattutto se si è creative e creatrici di arte.

Negli stessi giorni è stato presentato anche Jeff Koons – Un ritratto privato, diretto da Pappi Corsicato: tra gli artisti più ricchi e famosi del mondo, Koons ha 6 figli con la seconda moglie, un figlio con la prima, Ilona Staller (la pornostar Cicciolina), e una figlia riconosciuta solo qualche anno fa. Corsicato fa il viaggio inverso rispetto a Sargentini e Peploe: non cerca l’artista nascosto dall’uomo ma l’uomo che si nasconde sotto l’artista, con i suoi affetti, le sue debolezze e le sue fragilità.

Tre documentari tutti e tre da vedere per avere uno spaccato interessante sulla parità di genere nel mondo dell’arte.

La pitturessa
Fabiana Sargentini e Anna Paparatti in “La pitturessa” (Courtesy Press Office)

Scheda del film documentario su Anna Paparatti

Scritto e diretto da Fabiana Sargentini, La pitturessa è un documentario su Anna Paparatti, una delle tante straordinarie figure che animarono la Roma delle avanguardie artistiche degli anni ’60 e ’70.

La fotografia è di Simone Pierini mentre il montaggio è a firma di Alice Roffinengo.

Nel docufilm, oltre alla stessa regista e ad Anna Paparatti, appaiono Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, e l’artista Piero Pizzi Cannella.

Presentato nella sezione Freestyle della 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma (ribattezzato Rome Film Fest), il film è al cinema a febbraio 2024, distribuito da Lo Scrittoio.

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