Otto anni dopo che la mutilazione genitale femminile è stata vietata, leader politici e religiosi in Gambia stanno minacciando di presentare un disegno di legge per depenalizzare questa pratica.

La mutilazione genitale femminile è l’asportazione parziale o totale dei genitali femminili esterni, e può comportare serie implicazioni per la salute a lungo termine, tra cui rischi di infertilità. Questa pratica è ampiamente riconosciuta come una violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze, e nel 2012 le Nazioni Unite hanno adottato una risoluzione che ne condanna l’utilizzo.

Eppure questa è ancora diffusa in circa 30 paesi dell’Africa e del Medio Oriente. In alcune comunità, questa pratica è considerata un requisito fondamentale per il matrimonio.

I membri dell’assemblea nazionale del Gambia stanno favorendo una proposta di abolizione della legge del 2015. Nel frattempo, il Consiglio islamico supremo ha emesso una fatwa che condanna chiunque segnali la pratica e sollecita il governo a riesaminare la legislazione in merito.

La discussione è iniziata a fine di agosto, quando tre donne sono state giudicate colpevoli di aver eseguito la MGF nella regione di Central River. Sono quindi state condannate a pagare una multa di 15.000 dalasi o a scontare una pena detentiva di un anno.

Un leader religioso islamico ha poi saldato le multe e ha incoraggiato la popolazione del Gambia a proseguire nella pratica della mutilazioni genitali femminili.

Gli attivisti si sono opposti con decisione alla richiesta di emendamento della legge. “Il Gambia ha compiuto un passo coraggioso nel 2015 verso l’eliminazione delle MGF, quindi per noi tornare indietro dopo otto anni e ricominciare da capo avrebbe implicazioni molto, molto grandi”, ha affermato Fallou Sowe, coordinatore nazionale dell’organizzazione della società civile “Network Against Gender-based Violence” (Rete contro la violenza di genere).

L’attuale legge del Gambia dispone che chiunque commetta la MGF è passibile di una pena detentiva che può arrivare fino a tre anni, una multa di 50.000 dalasi (equivalenti a 712 euro), o entrambe le sanzioni. Nel caso in cui la MGF conduca al decesso, l’autore del reato rischia l’ergastolo.

Stando a quanto riportato dall’indagine demografica sulla salute del Paese effettuata nell’anno 2019-20, il 73% delle donne tra i 15 e i 49 anni ha subito questa pratica mentre il 65% di esse è stata sottoposta alla mutilazione prima di compiere cinque anni.

Fatou Baldeh, un’attivista sopravvissuta alle MGF e fondatrice di Women in Liberation and Leadership, un’organizzazione della società civile in Gambia, ha riferito che, nel corso delle ultime settimane, lei e il suo team sono stati allontanati da tre comunità, accusati di “mettere in discussione le nostre culture, norme e religione”.

“Avevamo rotto la cultura del silenzio sulle MGF”, ha detto Baldeh. “Siamo tornati indietro. Enormi danni sono già stati fatti a causa delle dichiarazioni rilasciate dal Consiglio Supremo Islamico secondo cui le MGF sono islamiche”.

La preoccupazione di Baldeh è che l’abrogazione della legge sulle MGF possa produrre un effetto domino sulle altre leggi che proteggono le donne e le ragazze, come quella che vieta il matrimonio sotto i 18 anni.

“Altri Paesi potrebbero sfruttare la situazione per sfidare i propri Paesi a non approvare leggi che proteggano le donne dalle pratiche tradizionali dannose”, ha affermato.

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